Dont’ cry for me… L’Argentina è qua, dall’altra parte dela terra, centocinque metri per sessantotto e luci che illuminano d’immenso: benvenuti a San Siro, il sobborgo di Buenos Aires, crocevia d’una notte tra le stelle di nero & azzurro vestite, il derby fratricida che t’aspetti per un anno intero, perché poi dopo si sta in compagnia. E’ Inter-Napoli, ma c’è il Sud America che domina la scena: però, tra quei quarti di nobiltà senza frontiere, ciò ch’emerge dallo stress della vigilia è il sapore del mate da sorseggiare tutti assieme, appassionatamente. La Milano da bere, in quest’ora e mezza di fantacalcio, è un braccio di ferro in famiglia, una sfilata con il sorriso sulle labbra e l’arrivederci a dopo per un brindisi in allegria, al netto del risultato, al Botinero della premiata ditta Zanetti & Cambiasso.
E’ PARITA’ – Il derby del cuore, a palla ferma, è un pareggione di elevati contenuti tecnico- tattici, perché questa Inter- Napoli all’Argentina, almeno statisticamente, finisce 6-6 e annovera nel computo qualità in abbondanza in ogni settore del campo. La Beneamata ha bomber da far tremare i polsi, centrocampisti di sostanza e difensori solidi come querce; ma a Mazzarri hanno consegnato la meglio gioventù, sintetizzata da Lavezzi e ora da verificare in Fernandez o in Fideleff, e quel Campagnaro sempre verde è il collante per Chavez, per Santana.
CHE POCHO -La memoria espelle fotogrammi a getto continuo, d’un quadriennio attraversati sistematicamente da incontri ravvicinati di un certo tipo, ma in questa casella postale in cui giacciono le immagini di Inter- Napoli all’argentina, la clip che si staglia dalla normalità è la rete del provvisorio pareggio di Ezequiel Lavezzi nella stagione 2008- 2009, una combinazione d’alta scuola avviata con un assist di tacco di Zalayeta e chiusa con il cucchiaino del Pocho a Julio Cesar. Però, nel contenitore di San Siro, ci sono anche complessivamente otto reti su quattordici targati Buenos Aires, una mareggiata albiceleste da rischiarar le tenebre.
LA PRIMA VOLTA – I nipotini di Diego atterrano a Napoli e la storia si ripete sistematicamente, di anno in anno, e si rinnova: Lavezzi e Campagnaro sono degli habitué, e vabbè, praticamente figli adottivi d’una città che li ha eletti idoli, ma Fernandez, Fideleff e Chavez scoprono stasera per la prima volta il fascino d’uno stadio che nei racconti dei nonni, dei genitori, riporta sempre l’orologio del tempo indietro, all‘ 8 giugno del 1990, quando il terzetto napoletano non aveva ancora emesso il primo vagito, con l’ 1- 0 del Camerun sulla Nazionale argentina al debutto del Mondiale italiano.
AMICI VERI – La vendetta è un piatto da servire freddissimo e il Lavezzi che si appresta ad attraversare san Siro ha ancor vivo il ricordo del rigore sbagliato nei quarti di finale di coppa Italia, nel gennaio scorso, al san Paolo, una botta al cielo che cancello un’illusione ma che sottolineò la stima dei suoi amici-avversari, capaci di rincuorarlo con slanci di sincerità e con una dichiarazione di Cambiasso che al pocho diede calore: « Lavezzi è uno dei migliori prodotti del calcio argentino argentino degli ultimi anni. Anche se non ha giocato nel Boca o nel River, rimettendoci un po’ in notorietà, è sin dai tempi del San Lorenzo che di lui si parla benissimo » . L’asado del post-partita è già sulla brace: su San Siro, cartoline da Buenos Aires.
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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