Una città che ha bisogno di idoli, si mette a cercarli ovunque. E quando crede di averne trovato uno, se lo tiene stretto per non farlo fuggire. La passione, l’amore, la gioia: Napoli croce e delizia di chi ci è passato, Napoli eternamente amata o eternamente odiata, Napoli che attrae e respinge. La città delle eterne contraddizioni impiega sempre poco a innalzare altari su cui poggiare i nuovi idoli, che un tempo avevano le fattezze irriverenti di Diego Armando Maradona, oggi hanno quelle tatuate e acconciate di Ezequiel Lavezzi, al secolo “Pocho”. Se l’altare di Maradona non è mai finito nella polvere ma vivrà di gloria eterna, quello di Lavezzi si sta innalzando da poco: riuscirà il Pocho a toccare le stesse vette? Lo chiediamo a tre grandi ex, compagni di squadra del “Pibe de oro”. Se tecnicamente il confronto non si pone, Lavezzi può essere il nuovo uomo-guida del Napoli di domani?
MASSIMO FILARDI
«Toccare il nome di Maradona è sempre azzardato, Diego ha reso questa squadra e questa società grandi soprattutto grazie al suo carisma, non soltanto grazie al suo talento. Certo, in questo periodo Lavezzi si sta dimostrando determinante, ma anche come importanza all’interno della squadra non penso che i due possano essere paragonati. Con lui abbiamo vinto due Scudetti, la Coppa Uefa e la Coppa Italia, quindi è prematuro fare paragoni. L’impatto che ha avuto la personalità di Diego è stato determinante per tutte le componenti del Napoli. In primis la squadra: è riuscito a infondere in tutti noi una mentalità vincente, oltre a infondere sicurezza in ogni momento. E non solo a parole, ma con i fatti. Poi la società: ha quasi “imposto” una escalation di acquisti che hanno portato il Napoli sul tetto d’Europa, con l’arrivo di gente di primissimo livello come Careca. Lui voleva vincere, e la società si è adeguata alla sua volontà. Infine anche l’allenatore: pretese un modulo più spregiudicato. Il suo primo Napoli giocava con una punta sola, mentre il primo Scudetto fu vinto con lui in campo oltre a due punte e Francesco Romano a centrocampo. Diego aveva capito che bisognava essere spavaldi e fare un calcio propositivo, cercando di imporsi ovunque. Anche questa è stata grandezza, Diego era un vincente e lo esprimeva a parole, mentre ad esempio Lavezzi cerca sempre di volare basso, e con troppa umiltà difficilmente si vince. Se si è forti a volte si può essere anche arroganti, in quanto consapevoli della propria forza. E Diego era un vincente».
GIUSEPPE BRUSCOLOTTI
Sulla stessa lunghezza d’onda lo storico capitano dell’era “pre-maradoniana”, Giuseppe Bruscolotti. «Per me non si può azzardare nessun paragone, di nessun tipo. Ce ne vuole ancora. Lavezzi sta giocando bene, ma questi sono episodi, per arrivare alla maestria di Deigo ci vuole ancora tanto, troppo. Lavezzi non è un trascinatore , gli manca il carisma di Diego. Certo, questa squadra ha bisogno di un trascinatore. Apprezziamo quello che sta facendo Lavezzi, ma ogni squadra che vince deve avere un leader riconoscibile in campo e fuori, ed il Napoli è ancora alla ricerca del suo».
BRUNO GIORDANO
Chiudiamo con il terzo componente della “Ma-GI-Ca”, Bruno Giordano, che concorda con l’analisi fatta dai suoi due ex-compagni. «Il carisma che Diego aveva in campo era ineguagliabile, ma non solo da Lavezzi. Lui ci trascinava, ci consentiva di cacciare fuori il meglio, era di aiuto e conforto a tutti soprattutto fuori dal campo. Lavezzi è un grandissimo giocatore, ma non mi pare abbia le stimmate del leader come invece aveva Diego. Ciò non toglie che possa diventarlo, un domani».
Fonte: Il Roma
La Redazione
M.V.
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