Caduto dalle copertine con un tonfo, l’ex campione più amato dai tifosi del Napoli ormai in campo non è decisivo quasi niente. Oppure sì, ma in negativo. Superstar delle delusioni, Ezequiel Lavezzi da quando è approdato a Parigi non ha vissuto un solo momento di gloria.
Anche in Champions è stato ricacciato indietro, ancora una volta: è durato appena sette minuti il ritorno del Pocho, dopo un infortunio che lo ha costretto a stare fuori per dieci giorni. Una manciata di secondi e l’eroe argentino tanto sfortunato e tanto osannato si è fermato di nuovo. Lavezzi, con il Porto, è rimasto in campo giusto il tempo di alimentare la straripante voglia di normalità che sta inseguendo settimane dopo settimana, in spasmodica sintonia con tutta la gente che lo aspetta con incrollabile fede e insopprimibile voglia di vedere all’opera il talentuoso fuoriclasse che ha incantato per cinque stagione il pubblico del San Paolo.
È solo un piccolo guaio, questa volta, annunciato da una fitta che ha colto il Pocho lontano dal pallone, dopo un movimento da nulla quando la sua serata di resurrezione era appena cominciata: Ancelotti lo ha fatto entrare al posto di Menez, al 28’ della ripresa, per dare una scossa al suo Paris St-Germain. Dal 19 settembre era fermo ai box per un altro infortunio. L’ex azzurro, quando capisce che l’adduttore lo ha tradito, non la prende bene: s’infuria come mai prima d’ora. Con un gesto di stizza prende a calci qualsiasi cosa. Le visite mediche escludono cose serie: è un leggero stiramento. Roba da 10 giorni, più o meno. Giusto in tempo per fargli saltare le convocazioni con l’Argentina e la chiamata del ct Sabella: non affronterà l’Uruguay dell’ex partner Cavani.
Stagione maledetta, almeno fino ad ora. I tormenti del Pocho sono senza fine: non solo sul terreno di gioco, come è noto. Due giorni fa il blitz in Figc e nella sede del Napoli, che ha come obiettivo quello di far luce – tra l’altro – sul suo contratto e sui rapporti con il manager Alejandro Mazzoni. E ancora il processo sul riciclaggio nei locali del lungomare davanti alla settima sezione penale che lo vede citato come testimone dai pm Sergio Amato ed Enrica Parascandolo.
L’eclissi di Lavezzi è prima fisica, poi emotiva. Le Parisien, pochi giorni fa, ha elogiato la campagna acquisti faraonica dello sceicco Al-Thani. Tutto bene, scrivono, ma con una solo eccezione. Indovinate? È la sindrome del campione opaco: frenato dai guai fisici e dalle chiacchiere che, insopportabili, lo inseguono fin sotto alla Torre Eiffel. Insinua sul suo blog il giornalista di Canal+, Pierre Menes: «La pazienza dei dirigenti del Psg su Lavezzi sta per finire. La sua vita privata non è assai conciliabile con quella di calciatore».
Forse solo un’etichetta che il povero Pocho si porta dietro. Tra demeriti e un po’ di iella, comunque, è scivolato lentamente in fondo alle gerarchie dell’attacco di Ancelotti. Il finale più condivisibile è dell’Equipe che ieri titola: «Lavezzi, la poisse». Tradotto: che sfortuna!.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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