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Lavezzi: “Insigne? Si è il mio erede”

Il Pocho: "Ibra e Cavani sono due giocatori immensi"

A modo suo: di corsa, fintando, dribblando i tifosi che come un tempo fanno la fila dietro di lui e scattando verso la porta. D’imbarco. Fa sempre lo stesso effetto. Fa sempre molto effetto rivedere Ezequiel Lavezzi, soprattutto se a Napoli. Da turista: in borghese, con il taglio e la camicia alla moda, e con lo sguardo da scugnizzo innamorato. Perché sì, la città, la squadra e tutto quello che gira e ruota intorno a questo mondo gli mancano. E neanche poco. E lui resta ancora una ferita aperta per il popolo. Il Pocho, però, oggi è soltanto un tifoso. Uno dei più accesi e appassionati e nostalgici. Cuore azzurro. Un tempo, sugli spalti del San Paolo, i venditori ambulanti agitavano foto di Maradona e urlavano uno slogan: “Chi ama non dimentica”. Ecco, Lavezzi non ha dimenticato. Non può. Non vuole.

TORNA! – E allora, scampoli di Ezequiel. Parole, poche, rilasciate ai microfoni di Sky sfilando verso la zona partenze dell’aeroporto di Capodichino, inseguito come sempre da decine e decine di persone che provano a strappargli una foto, un autografo e un abbraccio. Gli chiedono di tornare, di non partire, ma lui deve. Dopo il pomeriggio e la serata di lunedì trascorsi in giro per la città, come ai vecchi – neanche tanto – tempi, e la deposizione al Tribunale di ieri mattina, l’epilogo forse amaro ma inevitabile è il rientro a Parigi per riprendere quella che oggi è la sua nuova vita. Il passato, però, ritorna e incalza: «Guardo sempre, sempre le partite del Napoli». Sempre: lo ripete più volte, tanto perché sia chiaro quanto i sentimenti contino nella sua vita.
CHE NOSTALGIA –  Con lui c’è Yanina, la compagna, che prima ancora del Pocho era tornata in città più d’una volta. Altra nostalgica. Ma non come Lavezzi: «Sì, Napoli mi manca». Lo ha detto e ripetuto anche altre volte, nonostante Parigi e il Psg siano una splendida città più una splendida avventura. Un’ambizione grande e grossa quanto l’Europa e la Champions. Lui, però, a Napoli non era semplicemente un idolo: era l’idolo. La passione incontrollabile del popolo, l’unico riuscito nell’impresa di creare nei cuori e sotto la pelle della gente certe sensazioni. Sensazioni mai più provate dal D.D. Dal dopo Diego. Nessun paragone, per carità, ma soltanto l’oggettiva valutazione di quanto la città abbia amato e quanto ancora ami il Pocho. Un affetto soffocante. Dolcemente ingombrante.

IL TIFO –  Con i vecchi compagni, da capitan Cannavaro a Cavani, lui è sempre in contatto. Costante, continuo. E anche con tanti membri dello staff. Fioccano gli “in bocca al lupo” prima delle partite e i complimenti dopo una vittoria. Le parole di conforto dopo una sconfitta e anche quelle da tifoso. Del tifoso Ezequiel: «Speriamo, sì, me lo auguro. Speriamo per i miei ex compagni che questo sia l’anno buono?». Buono per lo scudetto, s’intende.

DIPLOMATICO –  Lo stesso obiettivo inseguito in Francia, in Ligue 1, dal suo Psg. Una squadra multimilionaria che sta provando a perfezionare i meccanismi. Un club ambizioso e ricco come pochi che, oltre che sul Pocho, conta anche e soprattutto su Zlatan Ibrahimovic detto Ibra. Un fenomeno come Cavani. Come il Matador che spacca, incanta e fa la superstar. A proposito: lei che li ha visti e conosciuti entrambi, lei che ne ha testato a stretto contatto le qualità, chi pensa sia più forte? «Tutti e due». Sorrisetto. Diplomatico.

L’EREDE – Da Edi a Lorenzo. Il Bimbo d’oro che in tanti, sognano, di incoronare erede di Lavezzi. Piccolo genio, piccolo fenomeno che gradualmente cresce baciato da un talento straordinario. «Se lui è il mio erede? Beh, bisognerebbe chiederlo ai tifosi. Comunque speriamo di sì, così sono contenti». 
IL MERCATO – Poi, suggestione di mercato. Cioè, più che altro un commento, anche questa volta molto professionale e diplomatico, su un giocatore, anzi un campione, che nelle ultime settimane sta vivendo momenti tutt’altro che soddisfacenti: Daniele De Rossi. Se lascerà la Roma, potrebbe fare al caso del Psg? «Giocatori così forti piacciono sempre al Paris Saint-Germain». Fine delle trasmissioni. Lo scatto è il solito, si parte. Saluti e baci, allora: «Ciao a tutti». La gente urla e lo applaude. L’aereo decolla. Il cuore resta.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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