Per un altro numero di maglia solo per un gesto di generosità: Lavezzi aveva la «7» ma la cedette volentieri a Cavani quando seppe che era il numero preferito dal Matador. Scelse la «22». Non sapeva, o forse sì, che nella smorfia napoletana quel numero sta a indicare il matto, «‘o pazzo». In verità un po’ folle è stato il suo rapporto con il Napoli. Come folle è stato l’amore dei tifosi nei suoi confronti nei momenti più esaltanti. Ma un rapporto sempre sincero, spontaneo, senza finzioni. Più loco che pocho, diceva qualcuno quando mise piede a Napoli, estate 2007. In realtà, Lavezzi è stato più genio che sregolatezza. Ha fatto spesso cose da pazzi in campo fino alla conquista della Coppa Italia. E neanche a farlo apposta quel numero lo ha rincorso anche nella serata del probabile addio: all’Olimpico è uscito alle 22,22 a ribadire che quel numero gli appartiene e che molti dovranno ricordarlo. E 22 erano anche gli anni dall’ultimo traguardo raggiunto dal Napoli, la supercoppa italiana, vinta sempre a spese della Juve.
NAPOLI – La sua esultanza all’Olimpico, a torso nudo e pieno di tatuaggi, è diventata già lo «screen saver» preferito di tanti giovani tifosi del Napoli. C’è chi ha trasferito l’immagine anche sul cellulare. Ai meno giovani, invece, ha ricordato l’espressione rabbiosa e felice di Maradona dopo la conquista dei due scudetti e della Coppa Uefa. Da un argentino all’altro; da un trascinatore all’altro; due funamboli del calcio così simili negli atteggiamenti ma anche così distanti.
QUA LA MANO – Il Pocho è stato di parola; ha dimostrato che i fischi ricevuti con il Siena non li meritava spaccando in due la finale con la Juve con quel rigore procurato e poi trasformato da Cavani. E’ vero, mai arrivato in doppia cifra da quando è a Napoli. Ma quanti assist ha regalato ai compagni? E quanti rigori ha procurato? Lavezzi ha dato sempre tutto se stesso e quando non ha brillato è dipeso solo dalla condizione fisica del momento, non certo dall’impegno profuso. Al Napoli ha dato e ricevuto ma al Napoli si sente soprattutto legato da un sentimento forte e reale. Era felice l’altra sera, salutando i trentamila accorsi a Roma e commuovendosi dopo l’abbraccio con Mazzarri e con i compagni di spogliatoio. Lacrime di chi sa che sta per lasciare un ambiente pronto a coccolarlo ancora ma lo farebbe per cercare nuovi stimoli, un nuovo ambiente e perché no, anche un nuovo contratto. «Ci penso io a trattenerlo a Napoli», promette Zuniga, il più burlone di tutti, spesso preso di mira proprio dal Pocho. Tentativo difficile. Anche gli altri compagni durante la cena sociale provarono a toccare le corde del suo cuore: «Pocho, resta con noi», intonarono. Niente da fare. Stavolta, la ragione ha preso il sopravvento sui sentimenti. Eppure la gioia per la conquista della Coppa Italia non poteva restare dentro, doveva essere liberata, esternata, resa pubblica. «Ce l’abbiamo fatta… Abbiamo vinto una Coppa Italia storica, contro una grandissima squadra che era ancora imbattuta. Una vittoria incredibile, che conclude una stagione fantastica che ci ha regalato tante soddisfazioni», ha confessato ieri sul proprio sito internet dopo la notte di baldoria.
LE NOTTI DI CHAMPIONS – Gli sono venuti in mente le notti di Champions, quando da solo faceva tremare le big del calcio europeo, a cominciare dal Liverpool, e poi la traversa a Manchester, le serpentine con il Bayern, gli slalom con il City al ritorno, la doppietta al Chelsea. E domenica notte, il rigore che ha spalancato le porte della conquista dell’unico trofeo con la maglia del Napoli. Voleva chiudere proprio così il Pocho, con una prestazione e una serata memorabile. E poi gridare al mondo che lui amerà sempre quella maglia numero 22. «Sono felice e orgoglioso di quello che abbiamo fatto… grandi ragazzi, grandi tifosi, grande Napoli», ha aggiunto scrivendo di proprio pugno. E molti ieri completavano: «Grande Lavezzi. Se resti, vinceremo ancora tanto insieme». Per i tifosi, la speranza è sempre l’ultima a morire e finché non ci sarà un’offerta concreta, il Pocho rimarrà sempre uno di loro, anche per quelli che per troppo amore si lasciarono andare a qualche fischio di rabbia a sette giorni dal faccia a faccia con i campioni d’Italia.
Fonte: Il Coriere dello Sport
La Redazione
P.S.