Se Villas Boas era l’enfant prodige della panchina allora Mazzarri è un vero e proprio santone. Il Napoli ha vinto e giganteggiato. Una vittoria così netta per espressione di gioco, per qualità individuale e collettiva, per personalità questa squadra non l’aveva mai ottenuta in Champions. Sì, ci sono state altre grandi serate come quella con il Manchester City, sia all’andata che al ritorno, ma questa era la prova di maturità: dopo ventuno anni, una sfida a eliminazione diretta. Cambia tutto, la prospettiva, l’approccio a una gara di 180 divisa in due tronconi. Nel girone ci si può anche distrarre; in queste sfide non si può concedere nulla perché quello che concedi poi alla distanza lo paghi. Il Napoli non ha concesso nulla. Solo una distrazione. E’ andato in svantaggio ed è riuscito a scalare di corsa una montagna, a piedi nudi e senza rampini. Un capolavoro che Mazzarri si è gustato dal suo nascondiglio. Ha vinto la squadra e ovviamente i «tenori»: Lavezzi, straordinario (la gente lo ha acclamato a gran voce e giustamente: «Poco, Pocho!»), un gigante nonostante la sua altezza non sia quella di Drogba, e Cavani, uno che rincorre gli avversari pure in bagno e poi di gran carriera va a far gol. Ma hanno vinto anche gli umili pedalatori, la gente di corsa e di sofferenza come Gargano e Maggio; la gente di «intelletto» e di geometrie come Inler. Hanno vinto Napoli e il Napoli, squadra e tifosi uniti in un grandissimo abbraccio. Sì, questa serata ventuno anni dopo non si può dimenticare. Lavezzi e Cavani l’hanno resa indimenticabile. Ora la prospettiva cambia perché al ritorno si potrà gestire questo vantaggio, con la solita umiltà e caparbietà.
Il Chelsea è una squadra con poco gioco collettivo, molto forte fisicamente (e alta) che soffre le verticalizzazioni. L’uscita di scena di Bosingwa nel compito elaborato da Villas Boas ha cambiato poco visto che è stato sostituito da Ashley Cole (che avendo un po’ smarrito la velocità dei tempi migliori, ha un po’ sofferto la velocità di Maggio). Ma è squadra abituata a questi climi, esperta, capace di approfittare delle minime sbavature. Che ci sono state. Soprattutto da parte di Paolo Cannavaro, difettoso in alcune chiusure e diagonali (a parte il gol, una autostrada concessa prima a Ivanovic e poi a Meireles). Il Napoli ha il merito di non essersi fatto schiacciare dal peso psicologico di quello svantaggio. Ha subito la robustezza fisica degli inglesi, ma poi ha saputo affondare con la sua arma migliore: la velocità. Perché veloce è stata l’azione al termine della quale Cavani ha appoggiato a Lavezzi per un imparabile tiro a giro dell’argentino. Così come veloce nel suo dispiegamento è quella che ha consentito Inler di mettere al centro un pallone per la «spalla» di Cavani.
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