CAUTELA. E allora, l’ultimo atto di una stagione che definire nera vale un eufemismo: un atto formale, questa volta, e anche molto doloroso considerando il rapporto tra Maggio e Prandelli. Certificato da entrambi nell’ultimo periodo con dichiarazioni dolci come il miele: “Sono felice di essere stato inserito nella lista dei 31 pre-convocati dal Ct dopo l’infortunio, a questo punto spero di andare al Mondiale: con lui ho un ottimo rapporto, ci conosciamo da tempo”. E lo stesso allenatore della Nazionale, dopo il problema al torace accusato dal giocatore azzurro a metà marzo, seminò parole di stima e conforto. Le nebbie sembravano diradarsi, insomma: « Io, però, sono il tipo di persona che, prima di avere la certezza, dice sempre che è meglio aspettare». Il saggio Christian dixit.
IL CALVARIO. A 32 anni e con una carriera brillante alle spalle, con tanto di Mondiale 2010 ed Europeo 2012 nel carnet, è ovvio che se ne farà presto una ragione: troppo serio e scafato, Maggio, per non sapere che il calcio è così. Del resto, la sua stagione è stata un calvario sin dalle prime battute, e probabilmente il condizionamento degli infortuni è stato eccessivo, anche per uno abituato a macinare chilometri sulla fascia in lungo e in largo. Il riepilogo? Beh, rapido e doloroso: intervento al menisco del ginocchio sinistro andato in scena a settembre 2013, dopo le prime due di campionato e la prima pausa per gli impegni della Nazionale, e soprattutto uno pneumotorace rimediato a metà marzo in allenamento, alla vigilia della trasferta di Europa League con il Porto. Nella maniera più banale: stoppando un pallone con il petto. Incredibile. Ma assolutamente vero. Il totale? Sei partite saltate a causa del ginocchio e ben dodici partite disertate per il guaio toracico, tra la convalescenza e una condizione fisica non proprio ottimale da ritrovare e migliorare al volo. Ecco, la mannaia è stata questa: la forma atletica smarrita. E per giunta nel vivo della stagione e alla vigilia del periodo cruciale per la selezione dei gruppi da spedire al Mondiale. Sarebbe stato un premio, sarebbe stato il finale lieto di una storia sportivamente sfortunata: ma come insegnano le vicende di Montolivo e tanti altri colleghi, a volte il calcio decide di perdere la dimensione di favola e di catapultare tutti in quella della dura realtà.
IL FUTURO. E ora, non resta che raccogliere gli attestati di stima dei compagni, il conforto della famiglia, degli amici e di tutti quelli che lo stimano – tipo De Laurentiis e Mazzarri, latori di messaggi -, e poi tuffarsi nella programmazione della nuova stagione. Che, con il contratto in scadenza nel 2015 e senza discorsi di rinnovo sul tavolo, difficilmente sarà ancora tinta d’azzurro-Napoli. Le proposte non mancano e di certo qualcosa accadrà. L’importante è mettere il punto in coda all’anno sportivo 2013-2014. Anno orribile. Che più non si può.
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