La vittoria con il Marsiglia regala al Napoli un’altra notte di gloria e la constatazione che il salto di qualità, voluto in primis da De Laurentis per adeguarsi agli standard calcistici internazionali, è quasi compiuto.
Un risultato reso possibile da alcuni fattori chiave: la crescita costante negli ultimi anni della consapevolezza della propria forza grazie al lavoro fatto sui singoli e sul gruppo di un allenatore maniacale come Mazzarri; l’arrivo di un tecnico come Benitez, in grado di cambiare la matrice filosofica del gioco, dall’alto della sua storia professionale; l’arrivo di giocatori adatti al nuovo assetto tecnico/tattico.
Quello che sorprende è che il salto di qualità sia arrivato così rapidamente, senza pagare dazio nei diversi cambiamenti anche cruenti avvenuti in questi mesi. Alla fine l’unica partita, per ora, completamente sbagliata del Napoli è stata quella di Londra. La sconfitta con l’Arsenal ha però almeno due grandi attenuanti. È giunta al cospetto della squadra più in forma della Champions e della Premier League e con un Napoli privo di Higuain, il suo giocatore più rappresentativo e determinante (come ha dimostrato anche la doppietta coi francesi).
Non si poteva scommettere all’inizio della stagione in questa immediata competitività degli azzurri sul doppio fronte campionato-Champions. E questo non per una sotto stima dell’organico, nè per una mancanza di fiducia in Benitez, ma per la rivoluzione gerarchica all’interno della rosa. Alla fine della scorsa stagione i giocatori del Napoli in ordine di importanza erano Cavani (il bomber), Hamsik (il faro), Cannavaro (la bandiera), Maggio (spesso titolare anche in Nazionale), De Sanctis (guardasigilli storico).
Di questi il primo e l’ultimo sono partiti e gli altri sono meno centrali. Il capitano ha perso il posto subito per poi fallire i pochi momenti in cui è stato chiamato in causa. Maggio ha avuto problemi fisici e Rafa ha trovato in Mesto una valida alternativa tanto da metterli ormai sullo stesso piano. Infine c’è il grande capitolo Hamsik. Il Napoli ha venduto prima Lavezzi e poi Cavani ma non ha mai pensato di potersi privare dello slovacco considerato il cervello e il cuore della squadra. Nonostante i gol realizzati in questa prima parte del campionato è chiaro che Hamsik sta facendo fatica ad adattarsi ad un gioco più manovrato dove gli spazi tra le linee sono più ridotti e dove la prima punta spesso retrocede a farsi dare la palla addosso.
Nelle dichiarazioni post-Marsiglia Benitez ha ammesso candidamente che Pandev vale Hamsik… anzi. Vedere per due mercoledì successivi (contro Fiorentina e Om) Hamsik sedersi in panchina ha fatto una certa impressione. Evidentemente il macedone garantisce al tecnico spagnolo maggiori garanzie di adattabilità al modello di gara previsto: Pandev ha per Benitez un palleggio più rapido nello stretto, una buona attitudine ad attaccare la porta anche senza palla, una migliore potenzialità realizzativa. Hamsik può tornare utile in gare più fisiche e dove c’è da marcare il metodista avversario, come è stato contro il Catania e come sarà presumibilmente domenica sera allo Juventus Stadium con Pirlo.
Dopo pochi mesi, la nuova top 5 del Napoli è così: Higuain (il bomber e il faro), Callejon e Mertens (le frecce), Reina e Albiol (la sicurezza difensiva).
Per questo si resta molto impressionati di come questo terremoto tattico, tecnico e direi anche psicologico, non abbia aperto nessuna crepa nel sottosuolo (in campo o nello spogliatoio). Anzi la squadra dimostra solidità di nervi, comunione di intenti, armonia di gioco. In quest’ottica la gara con l’Om è stata emblematica. Contro una squadra che ha giocato tutte le sue carte agonistiche e tecniche in maniera spensierata, non avendo niente da perdere, il Napoli ha dovuto soffrire molto ma è sempre rimasto in partita. La squadra ha perseguito l’obiettivo vittoria con grande determinazione pur nelle difficoltà oggettive. Gli errori individuali dei propri esterni difensivi sui gol subiti avrebbero potuto tagliargli le gambe (questo è il vero problema da risolvere da parte di Benitez). Nonostante ciò la squadra non ha mai dato l’impressione di scomporsi. Inler, a cui ha giovato il turn-over con il Catania, ha dato forza e geometrie alla squadra. Quello che servirà anche a Torino dove il Napoli dovrà dimostrare ancora una volta che le nuove gerarchie sono veramente vincenti.
Fonte: Il Mattino.
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