Ho visto il Napoli dalle tribune dell’Olimpico e ha capito alcune cose che dalle riprese televisive mi erano fino ad oggi sfuggite. Tutto il mio ragionamento, ve lo anticipo già, orbiterà intorno alla collocazione tattica di Hamsik.
La premessa è che non penso sia una casualità che le uniche palle gol create per Higuain nel secondo tempo portino la sua firma (spizzata di testa sul primo palo con il Pepita in ritardo e il lancio del gol partita tanto contestato). Lo slovacco è l’unico che ha quel mix di ingredienti necessari per fare la differenza. Caratteristiche che toccano tutte le aree di intervento nella prestazione di un calciatore: capacità percettivo-cognitive, motorio-tecniche, tattico-situazionali, emotivo-agonistiche. Il repertorio è completo ed anche equilibrato. Eppure il giocatore mi è sembrato un leone in gabbia tanto schiumava rabbia per non riuscire ad esprimere queste sue indubbie potenzialità. Ed ho apprezzato, quasi commuovendomi, il suo continuare a dimenarsi senza arrendersi mai. L’assetto del Napoli lo penalizza enormemente e Benitez, oltre a spendere parole di elogio, non ha trovato una soluzione tattica al problema.
Il Napoli non ha nel suo Dna il passaggio veloce in verticale. Sono troppi i passaggi in sicurezza. Lo stesso Jorginho manca spesso di personalità e precisione. Gli esterni tendono a portare palla, i difensori non hanno la visione di gioco e il dominio della palla necessari per cercare l’imbucata tra le linee. Questo rende il possesso palla degli azzurri prevedibile, permettendo agli avversari di ricompattarsi nella propria metà campo creando dei muri invalicabili. Hamsik si muove, come vertice alto del triangolo di centrocampo, tra queste pareti solide con grande generosità, ma con un evidente senso di impotenza. Due i danni procurati da questo contesto tattico. Il primo è che lo slovacco riceve palla sempre spalle alla porta braccato da almeno due giocatori avversari (un difensore e un centrocampista). Le sue possibilità di scelta sono quindi minime: girarsi e sperare in un improbabile dribbling o giocare subito dietro di sponda. Nessuna delle due opzione è efficace, con un danno collaterale ancora maggiore: Hamsik nella posizione di trequartista ostruisce, attirando tra l’altro giocatori su di sé, il corridoio per il passaggio su Higuain, arma utilizzata invece molto nella prima parte della stagione, soprattutto quando, con Hamsik infortunato, giocava una punta (Pandev) con maggiori attitudini ad attaccare la profondità. Spesso si vedeva il Pepita tornare a farsi dare la palla e alle sue spalle buttarsi anche gli esterni (Mertens e Callejon). Higuain ha bisogno della giocata “addosso” è infatti abile nella protezione, nella torsione, nel suggerimento sul giocatore che arriva in appoggio o a sostegno. È bravissimo poi ad attaccare l’area di rigore in seconda battuta. Tutto questo oggi non può avvenire. Lui deve stare lassù a presidiare il territorio in prima linea per abbassare la difesa avversaria e creare uno spazio d’azione ad Hamsik. Ma Higuain non è Inzaghi o Torres. In questo modo Hamsik può rendersi utile solo quando con la sua innata scelta di tempo attacca l’area di rigore sui cross dalla fasce (vedi la spizzata per Higuain).
Possibile che Benitez ed il suo numeroso staff non focalizzino questa problematica e non abbiano la voglia di trovare dei correttivi? Le soluzioni non sarebbe difficile da ipotizzare. Io ne vedo almeno due. La prima sarebbe quella di mettere Hamsik a fare la punta vera e propria. Specie contro le squadre che difendono «a quattro», in modo da creare il «2 contro 2» centrale. Si potrebbe così giocare dritto coi mediani sui due attaccanti che si propongono alternativamente con il «corto-lungo». Vorrebbe dire passare al 4-4-2 classico e tornare alle prime giornate di campionato quando lo slovacco segnava a raffica. Ma la soluzione migliore la suggerisce l’azione del gol al Torino. Hamsik più basso in un ipotetico 4-3-3 a lanciare lui Higuain per poi eventualmente riproporsi. Avere il capitano azzurro tra i costruttori di gioco vorrebbe dire avere più fosforo e più giocate in verticale nei flussi di gioco. Avere insomma tutto quello che oggi non c’è.
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