La metamorfosi non è stata kafkiana, no, anzi. Più che altro è stato il bel prodotto di un progetto che ha sempre abitato la mente dell’inventore, e che dopo quella notte, quella maledetta notte pechinese, ha portato il cambiamento. La mutazione: tattica, di uomini, caratteriale. Vestito nuovo, un taglio qua e uno là, un’aggiustatina e la pochette nel taschino della giacca. Sì, proprio come quella che ormai indossa regolarmente Walter Mazzarri in panchina: che eleganza. Che forza, il suo Napoli made in China. Non un falso, bensì una squadra rinnovata, nata dalla rabbia e dalle riflessioni della sconfitta con la Juve nella finale di Supercoppa a Pechino. E allora, dal Nido d’Uccello all’Olimpico. Dall’11 agosto al 20 ottobre: due mesi per metabolizzare e pianificare la rivincita. Un’attesa lunga giunta ormai quasi al capolinea. Nel segno delle novità.
L’UNICO – Sì, novità molto interessanti per gli azzurri rispetto alla partita delle polemiche. Sostanziali, se vogliamo, che hanno portato alla serie di sette risultati utili consecutivi in campionato e al primo posto in condominio proprio con i campioni d’Italia. Che non sono soltanto imbattuti in questa stagione come il Napoli, ma che addirittura non hanno mai perso in serie A da quando è Conte l’allenatore. L’unica sconfitta della gestione del tecnico squalificato risale alla finale di Coppa Italia, guarda caso proprio con il Napoli: ciò significa che l’unico uomo in grado di battere i bianconeri è stato Mazzarri e l’unica squadra il Napoli.
LA CHIAVE TATTICA – E chissà come sarebbe finita a Pechino, nell’altra finale, se Pandev e Zuniga non fossero stati espulsi così, in un clic di non si sa bene cosa. Fatto sta che gli azzurri avevano colpito e punito con Cavani e Pandev, e che dopo il tilt generale la storia è cambiata per forza di cose. Ma va bene così: è il passato, da ricordare e conservare, certo, ma senza cadere nella trappola della foga. Di certo, e questo è un dato certo, fu dopo quella partita che Mazzarri decise di cambiare il modulo provato per un’intera estate: adios 3-5-1-1 e bentornato 3-4-1-2 con il Palermo all’esordio. Con Hamsik trequartista, proprio come il tecnico l’aveva schierato per molte partite della stagione precedente alle spalle di Lavezzi e Cavani. Sì, è stata questa la chiave tattica: devastante, lo slovacco, concentrato, spietato e affamato come mai s’era visto prima, nonché metronomo di sopraffina intelligenza calcistica.
I MEDIANI – Marek più avanti e via con il balletto svizzero: tre mediani, tre amici e compagni di nazionale, per due posti. Fondamentali per l’equilibrio di una squadra che, giochi di parole a parte fa dell’equilibrio la sua grande forza. I prescelti? Inler, che sta viaggiando sui livelli super, e Behrami, che non sta facendo rimpiangere Gargano neanche un po’: un lottatore pazzesco, un generoso senza grilli e pretese in campo. Lo scudiero perfetto.
LA MENTALITA’ – Ma c’è anche un altro elemento venuto fuori dalla sconfitta di Pechino: la consapevolezza. Tutti gli azzurri, con Mazzarri in testa, hanno sempre detto di aver capito la vera forza del Napoli proprio in quella serataccia. E’ nella città (resa) proibita che è nata la mentalità scudetto. E allora, si accettano scommesse: gente come Pandev, prima vittima del rosso diretto cinese, darà più dell’anima sabato prossimo. Più leader che mai. Questione di mentalità vincente. La stessa che ha dimostrato Campagnaro dal ritiro dell’Argentina. Lo stuzzicano su un eventuale e presunto interesse della Juve nei suoi confronti, cosa lusinghiera per carità, e lui risponde così: « Sono solo voci. Io sono un giocatore del Napoli e ci sto bene. E anzi, siamo al primo posto proprio con la Juve: un’avversaria che voglio battere ». Ci siamo.
Fonte: corriere dello sport
La Redazione
P.S.