Anna era tutto per Piermario. Anna è ancora tutto per lui. E tocca a lei il rito più straziante, mettere nero su bianco che sì, quel bel ragazzo che dorme lì, su quel letto gelido, è il suo Mario. Perché è gelido anche il cuore della giustizia, serve un riconoscimento ufficiale anche se il “Moro” ora lo conoscono proprio tutti, anche se in ospedale c’è arrivato con il nome tatuato sulla sua maglia, la 25, che resterà sua per sempre. Uno strazio, pochi attimi rubati in un corridoio dell’obitorio dell’Ospedale Civile di Pescara, dove Piermario, anzi il suo Mario, dorme sereno ora che la vita e il destino non possono più accanirsi contro di lui. «Era bellissimo, sembrava sorridente» , racconta alle amiche che sono venute a darle sostegno da Bergamo, sono le compagne di squadra di volley della Valbrembo. Con lei c’è anche Piergiulio Morosini, un cugino dello sfortunato centrocampista del Livorno, a rappresentare ciò che resta di una famiglia spazzata via da una catena di lutti infiniti. «Sì, aveva un sorriso, mi resta questa immagine» , confida ancora Anna nel pomeriggio a Massimo Gotti, difensore della Ternana, uno dei più cari amici del Moro nel mondo del pallone: erano cresciuti insieme a Bergamo, erano passati per l’Udinese. «E ora – spiega il ragazzo – sono venuto per salutarlo un’ultima volta, non posso andare via senza averlo visto. Lui ora non soffre più, ma Anna e noi tutti?».
L’ULTIMA LETTERA – Già, Anna. E’ chiusa in un albergo in riva al mare, e il mare al suo Moro piaceva tanto. Mario aveva preso casa a Tirrenia, a due passi da Livorno, sperava a fine anno di essere riscattato dal club amaranto, per mettere radici in Toscana dopo aver girato tanto. Forse, per mettere su casa e famiglia con Anna. La sua Anna non ha più un filo di voce: ha lasciato l’ospedale da un’uscita secondaria, con le compagne di squadra e gli altri amici che più tardi, in mattinata, erano arrivati da Bergamo, gli amici di sempre, i ragazzi dell’oratorio. Chiusa in albergo, la fidanzata di Morosini trova la forza per scrivere un’ultima lettera, affidata alla voce di don Luciano, il sacerdote che ha visto crescere Mario nella sua parrocchia e che fra un paio di giorni lo accompagnerà nel suo ultimo viaggio. «Il calcio e quel pallone davano un senso alla sua vita» , scrive Anna. Per don Luciano «Anna ha rispettato lo stile di Mario, che nelle fatiche della vita ha trovato un senso, dei valori, lasciandoci un insegnamento» . Anna era partita sabato in auto per Pescara, con mamma Mariella e un amico. In viaggio hanno saputo della morte di Moro. «Era come un figlio – racconta la signora Mariella a Sky Sport24 – e aveva la capacità di entrare subito nel cuore delle persone. Dopo ogni partita tornava a Bergamo, perché era un ragazzo di quartiere e aveva piacere a passare il tempo con i vecchi amici. Le polemiche sull’ambulanza? Non mi va di parlarne, è capitato perché doveva capitare, era destino. La cosa importante è che ora Mario torni presto a casa».
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