Due indagati, l’ex portiere del Napoli Matteo Gianello, e l’ex centrocampista del Chievo, Silvio Giusti. E undici richieste di archiviazione, nei confronti di altri ex calciatori, di un giornalista e di un paio di «addetti ai lavori», gente che gravita intorno agli ambienti calcistici. Si chiude così la prima tranche dell’inchiesta sulla «Calciopoli» napoletana. Con un avviso di chiusura indagini notificata a Gianello e a Giusti, indagati con l’accusa di frode sportiva e associazione a delinquere; un atto che – almeno teoricamente – schiude le porta ad un’imminente richiesta di rinvio a giudizio per i due.
Ma dalla lettura degli atti che concludono il lavoro del pool di pubblici ministeri partenopei coordinati dal procuratore aggiunto Giovanni Melillo emergono tutti gli elementi sui quali gli inquirenti hanno lavorato in oltre un anno di attività. Sullo sfondo, un mondo opaco popolato, appunto, da sportivi infedeli che si sarebbero mossi per aggiustare o condizionare risultati di partite di calcio con l’obiettivo di illeciti guadagni riportati al gioco delle scommesse.
Tra le accuse mosse all’ex portiere del Napoli – che lasciò la società azzurra nello scorso anno – c’è quella di aver tentato di avvicinare il capitano azzurro Paolo Cannavaro e un altro calciatore della squadra di De Laurentiis, Gianluca Grava, per pilotare il risultato finale del match Sampdoria-Napoli (ultima giornata del campionato 2009-2010, giocata il 16 maggio). Ma i due rifiutarono ogni tentativo di combine.
Gli inquirenti – i pubblici ministeri titolari del fascicolo sono i pubblici ministeri Vincenzo Ranieri, Danilo De Simone, Stefano Capuano e Antonello Ardituro – hanno concentrato i loro approfondimenti su sei partite sospette. Tra queste c’è, come detto, anche Samp-Napoli. Gli altri incontri «sospetti» erano Napoli-Parma del 10 aprile 2010; Lecce Napoli dell’8 maggio 2011; Brescia Catania della stessa data; Napoli-Inter del 15 maggio 2011; Catania-Roma, sempre del 15 maggio; e Palermo Chievo, disputata il 22 maggio dello stesso anno.
Su sei partite al centro di accertamenti, solo nel caso di Sampdoria-Napoli 1-0, ultima di campionato 2009-2010 la Procura ritiene che si sia concretizzato un tentativo, peraltro fallito sul nascere, di aggiustare il risultato proprio sulla vittoria dei liguri.
Nella carte c’è spazio anche per un altro inquietante episodio che pure molto aveva fatto discutere nei mesi scorsi: quello della presenza di Antonio Lo Russo, figlio di un boss della camorra napoletana (Salvatore, oggi pentito), immortalato da alcune fotografie a bordo campo, sul manto erboso dello stadio San Paolo. Ebbene dalle indagini non sono emersi elementi – almeno al momento – di una presunta combine in occasione del match Napoli-Parma del 14 aprile 2010, vinta 3-2 dalla squadra emiliana. Su questa partita i magistrati hanno ascoltato, tra gli altri, in qualità di testimone, anche l’ex attaccante azzurro Fabio Quagliarella, protagonista di una espulsione che destò sospetti in quanto appariva «cercata». Dopo aver ricordato di aver segnato il primo gol e di essere stato l’autore dell’assist della rete successiva, Quagliarella ha affermato: «La mia espulsione fu dovuta alle proteste contro la decisione dell’arbitro di non punire con un rigore un fallo ai miei danni».
La chiusura delle indagini penali comporta ora la trasmissione degli atti alla giustizia sportiva. Sul tavolo del procuratore federale Stefano Palazzi presto arriverà il fascicolo riguardante Sampdoria-Napoli. E, teoricamente, per il principio della responsabilità oggettiva potrebbero scattare provvedimenti anche a carico del Calcio Napoli. Per conto della stessa società ha parlato ieri l’avvocato Mattia Grassani per commentare l’ipotesi di una eventuale esclusione del Napoli dalla Europa League, come effetto sul piano sportivo del coinvolgimento di Gianello.«Non sarebbe affatto una conseguenza automatica – sostiene il legale – Il regolamento dell’Europa League pone come condizione per l’ammissibilità al torneo il non essere stati coinvolti direttamente o indirettamente in illeciti sportivi, ma lo statuto attribuisce alla Uefa stessa un potere discrezionale, da valutarsi caso per caso». Un elemento discrezionale, dunque, «valutativo – spiega Grassani – anche in base alla gravità dei fatti e alla singola fattispecie». Secondo Grassani «non si è di fronte a un fatto conclamato di illecito sportivo ed è escluso alcun coinvolgimento societario. Dovrebbe essere difficile escludere il club dal torneo quando tutta la dirigenza è estranea».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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