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La veloce ascesa di “Palito”: dal Cluj alla consacrazione nell’Uruguay e nel Porto…

Un esordio tra i modesti compaesani del Miramar Misiones, una retrocessione seguita a una stagione disgraziata con gli argentini del Quilmes e il trasferimento in Romania, preceduto in verità, da una grande ‘temporada’ con indosso la ‘camiseta’ dell’Argentinos Juniors. Dopo un inizio non proprio esaltante, neppure lo stesso Álvaro Daniel Pereira Baragan, uruguaiano di Montevideo, si sarebbe mai potuto aspettare un’ascesa tanto repentina all’elite del calcio che conta. Merito delle tante galoppate sulla corsia mancina del Cluj, con cui s`è tolto la soddisfazione di sbancare, agli ordini di Maurizio Trombetta, l’Olimpico di Roma in un’indimenticabile notte di Champions, e soprattutto di Oscar Washington Tabarez, che sempre nell’autunno del 2008 l’ha fatto esordire in nazionale, sul prestigioso palcoscenico del Saint Denis, contro la Francia. D’allora in poi, il laterale è diventato un’inamovibile della ‘Celeste’, ricoprendo un ruolo da assoluto protagonista nel raggiungimento del quarto posto nel Mondiale sudafricano e, ancor di più, nella conquista della Coppa America del 2011, che gli ha regalato, oltre alla gioia di due reti, anche l’emozione della seconda paternità. Lucio, il fratellino del primogenito Mateo, infatti, è stato partorito dalla bella moglie Cintia, argentina di La Plata, proprio alla vigilia della semifinale tra i padroni di casa dell’Albiceleste e l’Uruguay.

DRAGONE DI CARATTERE -Nel frattempo, “Palito”, com’è stato ribattezzato affettuosamente dai tifosi, si è trasferito al Porto, che si è assicurato l’80% del suo cartellino in cambio di 4,5 milioni di euro. L’instancabile mancino, in terra lusitana, viene impiegato principalmente come terzino. Una scelta che se da un lato non gli permette di ripetere gli 11 gol messi a segno ai tempi dell’Argentinos, quando giocava in posizione decisamente più avanzata, dall’altro lo trasforma in uno dei migliori specialisti del ruolo, guadagnandogli pure l’attenzione del Chelsea. Merito anche della cura Villas Boas, che conduce i dragoni al triplete domestico, Supercoppa, Coppa di Portogallo e scudetto, e all’apoteosi dell’Europa League, vinta nello scontro fratricida con il Braga. Uomo di peso anche nello spogliatoio, Alvaro ha fatto parlare di sé, negli ultimi giorni, per una mezza rissa con il compagno Kleber. L’anno scorso, invece, non aveva esitato ad accorrere in soccorso dell’amico Luis Suarez, accusato di insulti razzisti dal red devil Evra. «Le cose del campo dovrebbero rimanere nel campo. Evra è un complessato, non è orgoglioso di essere nero. Io sì», aveva riflettuto l’uruguaiano d’origine nigeriana. «Se un avversario mi chiama negro, io muoio dal ridere».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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