La Redazione di Iamnaples.it vi propone quest’oggi la Storia di due calciatori del Pomigliano Calcio, Alessio D’Imporzano e Alessandro Alessandrì, una chiacchierata amichevole con due pilastri della compagine della cittadina alle porte di Napoli. Con la squadra prossima alle semifinali playoff (giocherà domani in casa con i laziali del Fidene), i due giocatori, dall’invidiabile curriculum per la categoria, si sono aperti, toccando argomenti quali ambizioni, rapporto con la Città ed i rispettivi tifosi che li hanno accolti, progetti futuri e rimpianti personali.
Alessio D’Imporzano è un centrocampista classe ’83 natìo di La Spezia: fisico statuario e piedi eleganti, ha firmato il suo primo contratto con il Parma di Thuram e Cannavaro, per poi essere acquistato dall’Udinese e girovagare tra le serie professionistiche inferiori. Mai, prima di vestire la maglia granata della Città dell’Alfa, aveva affrontato stagioni tra i “dilettanti”. La tenacia e la classe, sono però di categorie nettamente superiori.
-Per molti sei un extraterrestre per la categoria. Curriculum e qualità in campo sembrano meritare palcoscenici diversi. Come sei arrivato a Pomigliano?
Arrivo da molto lontano. Ho iniziato nelle giovanili del Parma, pur essendo natìo di La Spezia. In Emilia Romagna ho avuto il piacere di allenarmi con giocatori del calibro di Cannavaro, Thuram, Buffon, gente che ha vinto il Mondiale, per intenderci. Dopo Parma, a diciott’anni, sono arrivato in Friuli, all’Udinese. Qui ho racimolato qualche convocazione in prima squadra e, anche qui, ho avuto il piacere di giocare a calcio con calciatori di primissimo ordine, per fare qualche nome potrei menzionare Pizarro, Muzzi, Iaquinta, De Sanctis. Sono arrivato a Pomigliano tre anni fa, dopo tanto peregrinare nelle serie professionistiche inferiori. Qui ho trovato un calore ed una serietà degna delle categorie più ambite.
– Che differenza c’è tra il calcio di primissimo piano e quello provinciale, minore?
Premettendo che secondo la mia opinione, la crisi economica ha livellato le serie dalla B a quelle inferiori, credo che tra il calcio che siamo abituati a vedere in Tv e quello delle serie minori cambi l’approccio mentale: in D è più raro vedere squadre che cerchino di giocare a calcio, la prima regola è non prenderle. Questo va a scapito dell’elemento tecnico; tuttavia nel nostro girone ho notato che molte squadre cercavano d’imporre il proprio gioco, specie in casa. Noi stessi abbiamo costruito il nostro accesso ai play off tra le mura amiche. Al Gobbato abbiamo sempre imposto il nostro gioco, mettendo sotto anche compagini come il Salerno, squadra che annovera nelle sue fila gente come Biancolino, Montolivo e Giubilato, ma che è uscita dal nostro campo con le ossa rotte nonostante giocammo 70′ circa in inferiorità numerica.
– Che rapporto c’è tra squadra, società e tifoseria?
La squadra è molto coesa e nonostante l’esonero di mister Francioso, che era stato un pò il simbolo della svolta dopo il disastroso inizio di campionato, siamo un gruppo unito e ambizioso e lottiamo per l’obiettivo comune che è quello di vincere i play-off e approdare tra i professionisti. Con la tifoseria il rapporto è sempre stato molto caloroso, a volte però questo grande attaccamento ha creato dei malintesi. I tifosi ci hanno accusato di aver spinto per l’esonero di Farris, nostro tecnico a inizio stagione, non impegnandoci nelle prime gare di campionato. Questo non è vero: con Farris le cose non sono andate bene solo dal punto di vista calcistico, umanamente si è sempre dimostrato un gran signore e inoltre abbiamo perso qualche gara perché non eravamo ancora riusciti a plasmarci come squadra e avevamo una forma fisica approssimativa, non perché volessimo perdere. Sono un professionista e vivo di calcio, sbagliare qualche partita ci può stare e accetto anche le critiche, ma a volte i cosiddetti rumors creano casi che in realtà non esistono.
– Che effetto le ha fatto cambiare mister per la seconda volta in una stagione e per di più ad una giornata dai playoff?
Partendo dal presupposto che noi calciatori non cerchiamo mai di mettere in difficoltà i nostri allenatori, credo che i due esoneri a cui abbiamo assistito siano stati molto diversi tra loro: con Farris c’era un problema di conoscenza, nonostante avesse una sua idea di calcio molto interessante, non è riuscito a capire subito il gruppo; i problemi di Francioso erano invece di natura personale con la società, perchè se guardiamo ai risultati non gli si può rimproverare nulla, con lui abbiamo avuto un ruolino di marcia spaventoso. Ora la guida tecnica è stata affidata a Casimiro Verriola, da tre anni preparatore dei portieri. Anche con lui l’obiettivo e lo spirito non cambiano. Promettiamo il 100%.
-Domenica c’è il Fidene. Semifinale dei play-off per la promozione in Lega Pro. Quali sono le sensazioni sue e della squadra?
Smentendo categoricamente le voci che volevano la società granata sfavorevole alla Promozione, qui il sogno e l’obiettivo di tutti è quello di vincere. Lo scorso anno siamo usciti dal triangolare con Rimini e Saint Cristopher con grande onore, quest’anno vogliamo migliorarci. La squadra è coesa e dispone di grandi individualità, come ad esempio quella del nuovo acquisto Alessandrì. Personalmente non so se domenica riuscirò ad essere della partita, dati i miei problemi all’adduttore, ma so che chi scenderà in campo metterà l’anima per regalare un sogno alla società e alla splendida Città di Pomigliano, che mi ha accolto sin dagli inizi in maniera perfetta.
-Hai dei rimpianti nella tua carriera?
Purtroppo devo ammettere di averne molti: non tutto è andato come avrei voluto. Si sono messi errori personali e periodi sfortunati: forse l’essere arrivato così presto così in alto non mi ha giovato, dietro al calciatore c’è sempre l’uomo e forse io avevo bisogno di maggior tempo di miei colleghi per raggiungere la maturità umana e quella calcistica. Ad Ancona, in B, giocavo con Simoni che non molto vedeva me e Luca Antonini, attualmente terzino del Milan e all’epoca giovane come me. Luca rimase lì ed ebbe il suo spazio a fine campionato e potette dimostrare il suo valore, io preferì andare perché non volevo attendere e il mio treno non è mai passato, nonostante da sempre credo molto nelle mie qualità. Non è detto, però, che il treno non possa ancora passare: non smetto di sognare e magari giocare tra i professionisti con la maglia del Pomigliano potrebbe essere un gran traguardo, un piccolo sogno che s’avvera. La scorsa stagione fui accostato al Varese, in B, ma poi non se ne fece più nulla, magari è un segno che tra i pro devo arrivarci con la maglia granata.
-Quindi resterai a Pomigliano?
In caso di promozione come farei ad andare via? In ogni caso bisogna parlare con la Società, in D i contratti sono sempre a carattere annuale. Sono qui da tre anni e mi sento a casa, anche se a volte sento la mancanza della mia famiglia.
-Una promessa ai tifosi?
Impegno, onoreremo la maglia fino allo stremo delle nostre forze. Regalare la Lega Pro alla Città sarebbe un evento splendido per la storia della Società e un degno riconoscimento a chi, come la famiglia Romano, da anni investe nel progetto Pomigliano Calcio. Spero solo di poter scendere in campo…
Alessandro Alessandrì, 32 anni, nome degno di uno scioglilingua e tecnica sopraffina, è invece un fantasista, il classico 10,arrivato a dicembre dall’Isernia, il giocatore è stato uno degli artefici della risalita granata. Nonostante siano pochi mesi che vive la Città, Alessandrì sembra già essersi calato bene nella vita all’ombra dell’Alfa (lui che è originario di Lecce).
-Che significa per uno cresciuto nelle giovanili dell’Inter giocare in D?
La passione è la stessa, il gioco, però a volte cambia: magari, paradossalmente, i giocatori più tecnici riescono ad esprimersi meglio nelle categorie superiori che in D. La piazza che ho trovato, nonostante qualche battibecco dovuto forse al troppo amore, si è rivelata degna di altri palcoscenici e stiamo lavorando in questo senso per regalare una bella gioia ai tifosi. Abbiamo una squadra molto competitiva e posso dire di aver militato in molte compagini professionistiche che, qualitativamente parlando, erano molto inferiori al Pomigliano. Sento molti amici e colleghi e quando parlo loro della mia esperienza siamo d’accordo sul fatto che trovare una realtà del genere, in D, sia come ambiente che come serietà societaria è molto, molto difficile.
-Chi ti ha impressionato di più nella tua nuova squadra?
Alessio D’Imporzano, Antonio Del Sorbo e capitan Auricchio come giocatori di categoria, affermati; Guadagno, che putroppo s’è fratturato tibia e perone in allenamento e quindi ne avrà per un pò, il portierino D’Agostino e Muro come giovani promesse che faranno di sicuro parlare delle loro qualità. Del Sorbo è una punta molto forte sotto ogni punto di vista, all’inizio è stato fischiato perchè ci ha messo un pò ad entrare in forma, ma credo che potenzialmente abbia molto da dare e che la sua migliore stagione non sia ancora arrivata.
–Cosa ti senti di dire ai tuoi nuovi tifosi, di cui sei già un beniamino?
Di esserci vicini: la squadra è coesa e remiamo tutti nella stessa direzione. Chi non vuole vincere? Chiunque abbia giocato almeno una volta a calcio sa che la passione è fondamentale in ogni tipo di vittoria e noi ce la stiamo mettendo tutta. Domenica sarei felice di vedere un Gobbato pieno, in casa abbiamo sempre fatto molto bene e l’ulteriore supporto del nostro pubblico non può che fomentare questa cosa. I tifosi vanno sempre ringraziati e anche le critiche possono essere costruttive in un ambiente sano, il calcio, poi, è fatto anche di questo. Molto spesso però un sano dialogo può evitare equivoci e misunderstanding vari, spero che le critiche siano mosse solo dall’amore per la maglia e che i tifosi possano capire che una prestazione un pò così, a volte, può capitare: l’importante è che l’impegno non venga mai meno. In cinque mesi qui ne ho vissute tante, parlerò con la Società e se ci dovessero essere i presupposti per continuare il rapporto non esiterò.
-Che gara sarà domani con il Fidene?
Una partita vera, non vediamo l’ora di scendere in campo. D’altra parte è questa la parte più bella del calcio, al di là di tutto il gioco è sempre quello.
Ambizione, dedizione, e tanta passione, oltre ad un umiltà degna dei migliori uomini di sport, questi i regali del breve ed intenso incontro con due calciatori dilettanti dietro cui si celano sogni di ribalta. Il calcio non è solo quello visto in TV.
A cura di Mirko Panico
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