Torna “La storia”, la rubrica di IamNaples.it dedita a raccontare le piccole grandi imprese, con tutti i retroscena del caso annessi, degli uomini di sport della nostra terra. Quest’oggi vi proponiamo la storia di Rea e Varriale, due dei protagonisti della vittoria del Pomigliano Calcio in coppa Italia di Serie D.
Provate a dire a quei 300 fedelissimi di ogni domenica che il calcio di cui stiamo trattando è definito ‘minore’. Sì, perché il pallone, ogni qual volta scorra su di una superficie più o meno erbosa, assume quel fascino che manco le più avvenenti signorine di provincia sanno regalare.
Vincere, poi, ha sempre del magico: che si tratti di Serie A o di quarta serie, per un tifoso, legato più alla maglia che agli introiti, cambia davvero poco. E allora è giusto celebrare chi, quest’anno, è riuscito ad entrare nella pluri-ottantennale storia di un club di provincia, il Pomigliano Calcio, che fino allo scorso 3 aprile non aveva vinto praticamente nulla. Nulla. Merito a Pipola, presidente cocciuto ed innamorato del calcio, allo staff tecnico capeggiato da mister Biagio Seno, alla dirigenza, ai tifosi ed ai calciatori tutti.
Ma si sa, vincere a casa propria ha un sapore del tutto particolare: quel sapore che solo Pietro Varriale e Felice Rea, pomiglianesi doc e perni della difesa granata, possono raccontarci.
Abbiamo incontrato questi inseparabili amici per un caffè. I due, cresciuti (insieme) a pane e pallone, sono figli di una passione comune e di un percorso molto simile, costernato di tante aspettative, qualche delusione, piccoli rimpianti ed una gioia seconda a poche.
Felice Rea, pomiglianese DOC, il tuo cammino inizia a Pomigliano.
“Sì e, fatalità dei casi, prende vita sullo stesso campetto dove tirò i primi calci il mio amico fraterno Pietro Varriale. Venditti cantava che ‘certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano’, un po’ il nostro caso. Da piccolissimi (Rea ha un anno in più rispetto al compagno di reparto ndr) ci conoscemmo alla Scuola Calcio Rapid Pomigliano del caro mister Lucchetti, una vera e propria fiocina di talenti. Da lì, oltre a noi, uscirono tanti altri giovani di prospettiva come Felice Piccolo, attualmente al Cluj, o Raffaele Esposito, grande protagonista, qualche anno fa, del ritorno del Catania nel calcio che conta. Devo dire che molti di noi, comunque, potevano forse fare qualcosa di più”
Tu, per esempio.
“Tu dici (ride ndr)? Forse è vero. Da giovane c’era molta aspettativa intorno a me ma, come ben noto, molto spesso nel mondo del calcio contano molte altre cose oltre alle qualità. Forse con un pizzico di maturità in più ed un po’ di fortuna, avrei potuto togliermi qualche bella soddisfazione, ma non ho rimpianti particolari. Qualcosina, anche se non a livelli di primissima fascia, in carriera l’ho vinta. Da giovane sei esuberante, ti fai distrarre con facilità: avessi avuto quindici anni fa la mentalità di ora…”
E tu, Pietro Varriale, hai qualche rimpianto?
“Dopo gli inizi alla Rapid Pomigliano ho fatto tutta la trafila alla Lazio, fino a toccare l’emozione di sedere in panca in occasione di una gara di Champions League. Nesta, in allenamento, mi ripeteva spesso che avevo indubbie qualità, ma che queste non bastavano. Arrivare a certi livelli non è facilissimo, ma restarci è davvero difficile. Serve avere una mentalità da professionista. Ora in molti mi vedono maturo, concentrato sulla vita da atleta, ma forse prima dei venticinque anni ho avuto qualche defaillance in questo senso”
E allora le strade di Rea e Varriale, divisesi in tenera età (il primo fu preso dal Napoli, il secondo, come detto, dall’allora società di Cragnotti) ed incrociatesi in rari avvenimenti, da avversari, si ri-intrecciano. “Nella categoria allievi vincevo sempre io”– il burlone Rea. “Forse, ma in Primavera ve le abbiamo sempre date”– Introverso, ma solo all’apparenza, il più pacato Varriale. Una domanda sorge spontanea, cos’ha significato accettare la serie D per indossare la maglia della squadra della propria città?
Varriale pare felice.
“Tornare a Pomigliano, a casa mia, è stata una cosa molto bella, per me ed un po’ tutta la famiglia. Dopo tante stagioni tra c1 e c2 (tra le altre Martina Franca, Benevento, Catania, Olbia) scelsi di scendere in D col Tavolara, in Sardegna. Mi ritrovai a scegliere tra questa compagine e la Virtus Lanciano, ma decisi di pensare in primis ai guadagni. I primi tempi, per divergenze con il gruppo-squadra e per la difficoltà ad immedesimarmi in una nuova realtà, furono abbastanza difficili. Poi, però, le cose cominciarono ad aggiustarsi. Un anno e mezzo a Cosenza, poi Montalto Uffugo, fino al Pomigliano. Ero in vacanza, mi chiamò il presidente Pipola, uomo passionale e focoso, uno che ama Pomigliano ed il Pomi. Trovare un punto d’incontro non fu difficile”
E tu, ‘Felicione’, quando hai deciso?
“Come noto, sono arrivato in corsa. Il mister ha creduto in me, dandomi fiducia in una chiacchierata di fine estate. Ricordo di essere arrivato in una squadra con non pochi problemi, che veniva da 5 sconfitte di fila e con non poche polemiche intorno. Andai a vedere la gara di coppa col Termoli, finì 5-2 al ‘Gobbato’ e Varriale segnò una doppietta. Fu chiaro che la mia presenza portava bene (ride ndr). Giocare al fianco di un amico, di uno che è cresciuto con te, è una cosa davvero appagante. Credo che il rapporto instauratosi tra me e Pietro sia un po’ la foto del clima che si vive nello spogliatoio”
Che clima?
“Siamo tutti amici, magari non tutti dei fratelli acquisiti come possiamo essere lui ed io, ma il clima è davvero gioviale, sereno. Anche fuori dal campo, cerchiamo sempre di restare in contatto. Ci vediamo di sera, le nostre compagne si conoscono, le nostre famiglie si frequentano: più facile far bene quando ti senti sempre a casa. Barbara (la ragazza di Rea ndr) e Michela, la moglie di Pietro, sono le nostre prime tifose e con tutte le altre mogli, fidanzate, con tutti gli amici che abbiamo al seguito, fanno sempre il possibile per creare un clima positivo intorno al team. Le vittorie, d’altronde, sono frutto di coesione. Il calcio è uno sport di squadra e senza di essa, l’individuo può fare ben poco, anche se ha qualità”
Pietro, tra i due, tu sei il calmo, lui l’esuberante, un quadro fedele alla realtà dei fatti?
“Più o meno. Per molti, e questa cosa mi spiace, il fatto che sia una persona molto riservata, viene interpretato come un sintomo di altezzosità. Questo non è vero, basti chiedere ai miei compagni di squadra o a chi quotidianamente vive con me. Forse non sarò estroverso come Felice, che quando esce di casa non può camminare per più di 20 metri che viene fermato da amici e conoscenti, ma credo di essere una persona buona, uno con cui si può parlare”
E’ stata l’amicizia ad avervi reso campioni?
“Aver vinto la coppa Italia di D è stata una soddisfazione difficilmente spiegabile. Vincere non è mai facile e farlo a casa ha del sublime. Credo che uno dei segreti di questo trionfo sia, come detto da Felice, il clima creatosi nello spogliatoio. Merito di noi giocatori, del mister, dei dirigenti e dell’amicizia. Un plauso va poi a Pipola, senza un presidente così cocciuto non saremmo arrivati alla finale del ‘Buozzi’. “
Quando hai capito di avere buone chance di vincere il trofeo?
“Quando abbiamo vinto ad Arezzo. Poi lo 0-0 del ‘Barassi’, in un clima surreale, mi ha dato la conferma. Quel giorno, a Firenze, col Pontisola, non potevamo toppare”
Rea, eppure tu hai fatto il possibile per complicare le cose (il clima è da colloquio amichevole) con un autogol dopo nemmeno un minuto.
“E’ vero, ma non ho avuto per un istante il dubbio di non potercela fare. Meglio così: il mio nome resterà nella storia di quella partita. E quello di tutta la squadra nella storia del club. Chissà quando ricapiterà al Pomi di vincere qualcosa. Spero presto, ma sappiamo tutti che è difficile”
Domanda per entrambi. Quali sono i vostri prossimi obiettivi?
Rea: “Dobbiamo sfruttare al massimo questo periodo di ‘riposo’ per allenarci sia fisicamente che mentalmente ed arrivare ai playoff al massimo della condizione.”
Varriale: “Dire la nostra anche ai playoff. Sperare non costa nulla e, noi, arrivati fin lassù, non ci tireremo di certo indietro.”
E chissà che l’amicizia, mischiata all’amabile cocciutaggine di Pipola, alla lungimiranza di mister Seno ed alle qualità della rosa granata, non portino a Pomigliano un profumo che sa di Lega Pro.
A cura di Mirko Panico
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