Ho invitato un amico a vedere Napoli – Inter a casa mia. Salvatore è nato all’ombra del Vesuvio come me e come me, vive e lavora a Lucca da qualche anno, è un bravissimo ragazzo ma ha uno di quei difetti che per un napoletano giudico rilevante, anzi grave…non tifa Napoli. Adesso, dico io, ma come fa uno nato a Torre del Greco a sostenere un’altra squadra? Lui poi tifa proprio per l’Inter!!! A mio avviso il Napoli è parte integrante della città. E’ come se un napoletano anziché parlare con la cadenza partenopea scegliesse di farlo con inflessione romagnola. Scusate la rigidità, probabilmente sono accecato dall’azzurro e non me ne vogliano i miei concittadini di altra fede calcistica, ma un napoletano che non ama i colori azzurri non può dirsi partenopeo al 100%. Io ho sempre associato la mia città alla squadra e viceversa e veramente non capisco come per alcuni miei conterranei sia diverso. Ricordo che per un breve periodo mio padre, da sempre sostenitore azzurro, iniziò a tifare per l’Inter stanco degli insuccessi del Napoli (la tragedia è durata circa un paio d’anni). Mi arrabbiai moltissimo, quasi mi vergognavo per questa sua scelta e ogni volta che potevo, gli manifestavo tutta la mia disapprovazione. Durante l’era Maradona, ogni tanto, lo prendevo in giro per quella parentesi neroazzurra rinfacciandogli il suo passato, proprio come fanno quelle persone tradite, che hanno perdonato ma non dimenticato. E la fede, l’amore, il cuore, dove li mettiamo? Qualche giorno dopo il mio invito, Salvatore mi ha confermato la sua presenza; sarebbe arrivato con sua moglie Virginia e con i due bambini, Christian e Marco, rispettivamente di 10 e 3 anni, alle 19.00. Il programma prevedeva che le mogli si recassero da McDonald’s per fare il carico di patatine, panini e coca da consumare a casa rigorosamente entro le 20.15 per poi assistere alla partita in tv. Avrei preferito mettere in atto il mio programma solito che, in occasione della serale del Napoli, prevede la pizza da “‘O Pazzariello”, la migliore di tutta la provincia di Lucca, ma purtroppo sono stato messo in minoranza ed ho dovuto cedere. Mia moglie mi ha anche chiesto, per una volta, di riporre sciarpa, bandiera e maglietta e di eliminare ogni traccia di azzurro nel mio abbigliamento in modo tale da evitare tensioni e favorire un clima sereno ed accogliente per gli invitati. Ho accettato, ma me ne sono pentito alle 19.01 e cioè quando sono arrivati gli ospiti; Salvatore ed i suoi bimbi hanno avuto il coraggio di presentarsi a casa mia (e quindi…in trasferta) con cappellino, sciarpa e bandierina neroazzurra realizzata con stuzzicadenti lungo e cartoncino colorato. Non appena entrati, ho sfilato il cappellino e la sciarpa a tutti e tre motivando il mio gesto, veloce e netto, quasi da consumato scippatore, con la temperatura piuttosto alta in casa, ma i miei ospiti hanno capito chiaramente che il problema non era rappresentato dal calore ma dai colori. Per le bandierine l’occasione si è presentata propizia poco dopo quando a tavola ho proposto di prendere le patatine usando l’asta/stuzzicadenti al posto delle mani. Erano tutti perplessi ed allora sono passato all’azione per una veloce dimostrazione, ma nel prendere dalle mani di Marco, il più piccino dei due bimbi, la bandierina si è strappata a causa della resistenza che il piccolo opponeva. Marco è scoppiato in lacrime (vi risparmio i commenti dei presenti), mi sono avvicinato per chiedere perdono ma il piccolino non ha accettato le mie scuse e mi ha lanciato una manciata di patatine che attraverso il collo della mia camicia mi sono scivolate giù. Marco continuava a piangere, i genitori non riuscivano a calmarlo ed allora, per par condicio, ho afferrato l’altra bandierina, quella di Christan, facendogli fare la stessa fine della precedente. Il disappunto è stato generale, Virginia era seriamente seccata mentre mia moglie e mia figlia mi hanno insultato ripetutamente; l’unico che sembrava approvare era Lorenzo, mio figlio, il futuro ultras partenopeo, mi guardava ammirato come un eroe. Ho tentato invano di giustificarmi ed allora, dopo “dolce consiglio” di mia moglie ho desistito. Solo dopo qualche minuto è tornata la calma, poi, alle 20.10, ho fatto cenno a Salvatore di seguirmi per andare in salotto a vedere la partita. Lungo il corridoio mi sono avvicinato e gli ho detto: “Mi dispiace per le bandierine ma lo sai che in trasferta è meglio evitare”. Lui si è fermato interdetto, mi ha fissato per un attimo, era sul punto di andarsene quando ho aggiunto: “Dai scherzavo, andiamo a sederci”. L’illusione di vedere la partita in tutta tranquillità è durata poco, al fischio d’inizio ci hanno raggiunto gli altri. Mia moglie e Virginia si sono piazzate proprio alle nostre spalle parlottando di cose futili, ma il fastidio più grande è venuto da Marco e Lorenzo, che, con tutta una casa a disposizione, hanno deciso di mettersi a giocare proprio ai piedi del divano dove eravamo seduti io ed il mio amico. Dopo gli episodi precedenti ho preferito sopportare in silenzio, ma i bimbi erano particolarmente fastidiosi ed allora ho tentato di spostare Marco, che mi stava proprio davanti, con i piedi, ma, non appena lo toccavo, si girava immediatamente fissandomi contrariato, al terzo tentativo ho notato che aveva il lacrimone pronto ed allora non ho insistito. A metà gara il Napoli era in vantaggio per tre a due, ma nella ripresa non riusciva a chiudere la partita, la tensione al San Paolo era altissima, anche a casa mia il clima era teso soprattutto a causa dell’esuberanza di Salvatore e Christian che urlavano spesso, sottolineando di continuo che L’Inter avrebbe meritato il pareggio. Tutto questo è durato fino all’ottantunesimo minuto quando José Maria Callejon la buttata finalmente dentro chiudendo, di fatto, la partita. A quel punto la mia gioia è stata incontenibile, mi sono alzato di scatto ed ho urlato: “Gooooooooooooooooool”, purtroppo solo nella parte finale dell’urlo e cioè quando questo andava sfumando, se n’è sentito un altro, questa volta di dolore. Era Marco che piangeva; nell’alzarmi di scatto in preda all’esultanza, non mi ero accorto di aver schiacciato con un piede una mano del piccolino. Salvatore, seccatissimo, ha afferrato i bambini e si è rivolto a Virginia con tono imperativo dicendo: “Virgì adesso basta, adesso è veramente troppo!!! Andiamo a casa”. La sua reazione non mi è piaciuta affatto ed allora Lorenzo ed io siamo andati sul balcone e dopo aver richiamato la loro attenzione, abbiamo iniziato a saltare e cantare: “chi non salta interista è..è…”.
Fabrizio Aloj
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