Non ho ancora digerito la sconfitta contro la Juventus. A parte la tradizionale rivalità, rimanevano una serie di conti in sospeso da regolare: l’immeritata sconfitta di Pechino con in palio la supercoppa italiana, zittire i tifosi juventini capaci solo di cori offensivi e di versioni storpiate del nostro inno umiliato da quella loro cadenza un pò triste e poi c’era da inaugurare ufficialmente il coro di Higuain, pensato proprio per la trasferta torinese. Assaporavo già l’idea di poter ascoltare il rivale allenatore/capellone trovare le solite scuse da autentico “chiagnazzaro” qual è per giustificare la sconfitta della sua squadra. Insomma, tutti validi motivi per cui il popolo azzurro avrebbe sicuramente goduto al di là della gioia per i tre punti e che andavano ad aggiungersi alle soddisfazioni che si sarebbe tolto ogni singolo tifoso a vario titolo personale. Le mie, per esempio, avrebbero certamente interessato il mio ambiente lavorativo che è gravemente affetto dal terribile morbo a strisce bianconero. Nell’azienda per la quale lavoro ci sono troppi colleghi juventini e da qualche mese a questa parte la situazione è precipitata in seguito a qualche nuova ed infelice assunzione e soprattutto a causa della partenza del nostro vecchio responsabile, che aveva decisamente un bel cognome…Napoli, sostituito da un distinto ed elegante signore che però ha un brutto difetto: preferisce la zebra all’asinello. Le frecciatine e gli sfottò prima dell’incontro con la Juve sono stati numerosi ed io, anche a causa delle tre precedenti vittorie con Torino, Fiorentina e Catania, ho manifestato un eccessivo ottimismo in modo troppo palese che mi si è rivoltato contro come un boomerang. Pochi secondi prima del calcio d’inizio ero davanti al televisore e vedevo scorrere le immagini dei giocatori azzurri in mezzo al campo durante la presentazione ed un’idea mi sfiorava: in caso di vittoria sarei andato a lavoro con la mia maglia azzurra. Appena due minuti più tardi e più precisamente dopo il primo gol bianconero, cominciai a pensare che forse era meglio evitare considerata la temperatura non più estiva e non adatta per indossare quella maglia che è a mezze maniche. Dopo il gol di Pirlo e quello di Pogba, giunsi alla conclusione che oltre alla maglia sarebbe stato opportuno non portare neanche il…resto e che forse non presentarsi sarebbe stato meglio, ma si trattava solo di considerazioni a caldo, quindi decisi di non pensarci più e deluso come non mai, me ne andai subito a letto. Ero molto agitato e addormentarmi non fu cosa semplice, riposai solo qualche ora e mia moglie l’indomani a colazione mi chiese chi fossero il Pirla Buffone, il Marchese Bonucci ed il Conte Vidal e cosa mi avessero mai fatto, dato che avevo inveito e lottato contro di loro tutta la notte con particolare accanimento. Questa domanda, alla quale risposi evasivamente, mi riportò immediatamente alla triste realtà che mi aspettava di lì a poco: andare in ufficio ed affrontare i colleghi bianconeri, in più faceva freddo e pioveva, insomma un lunedì più triste del solito. Le condizioni avverse ed il morale a terra fecero sì che il pensiero di concedermi un turno di riposo si riproponesse nuovamente. Ancora una volta decisi di non pensarci e mi affrettai nel portare a termine i preparativi di routine che prevedevano in rapida successione, colazione, doccia e vestizione con tanto di sollecito per i miei due figli che al risveglio sono particolarmente lenti. La mattina tocca a me accompagnarli e la prima tappa è la scuola media di Alessia, che ogni volta mi chiede di scendere dall’auto sempre più lontano dalla destinazione, la settimana scorsa addirittura dopo appena 100 metri da casa, ancora un po’ è non sarà più necessario accompagnarla. La seconda ed ultima tappa, prima di dirigermi verso il lavoro, è l’asilo di mio figlio ed è proprio mentre transito lì davanti in cerca di un parcheggio che Lorenzo mi chiede della partita del giorno precedente, la domanda mi fa innervosire e mi distrae, facendomi perdere l’attimo utile per indicare con la freccia che intendo accostare sulla mia destra dove si è improvvisamente liberato un posto; più veloce di me è l’auto che mi precede dalla quale, dopo qualche secondo, vedo scendere un bimbetto con lo zainetto della Juventus…beffato ancora, penso con un pizzico di rabbia. Lorenzo, al quale non ho ancora risposto, incalza con la domanda relativa alla partita, non sono sereno e mi rendo conto di non essere nelle condizioni ideali per affrontare la macchia bianconera costituita dai miei colleghi di lavoro ed allora questa volta cedo alla tentazione. Mi giro verso mio figlio e gli domando: “Lorenzo, Papà non trova posto, è lunedì, piove, fa freddo ed il Napoli, ieri, ha pure perso; che ne pensi se Papà non va al lavoro e Lorenzo non va all’asilo?” Il piccolino mi risponde con un sorriso a trentadue denti, sono felice per la decisione presa e per il bimbo che è quasi più contento di me, ed allora mi dirigo verso casa. Appena arrivati, Lorenzo va in camera sua a giocare ed io inizio le prove: devo chiamare in ufficio per giustificare la mia assenza che deve essere credibile e il mio finto malessere deve essere percepito anche dalla telefonata. I miei trascorsi da attore mi aiutano nell’interpretare al meglio la parte dell’influenzato, la voce rauca, intervallata da qualche sapiente colpo di tosse e pure da qualche starnuto, non lasciano dubbi alla collega che, addirittura, appare seriamente preoccupata per il mio stato di salute. Che stia fingendo pure lei? Il dubbio aumenta nel corso della telefonata e trova conferma alla fine quando, cambiando argomento, mi chiede se avevo visto la partita. Un colpo di tosse, questa volta autentico, mi consente di togliermi dall’imbarazzo e di rispondere con una battuta: “secondo me è stata quella la causa, sai, in effetti è stato proprio dopo la partita che ho iniziato a non sentirmi bene”, e lei: “pure secondo me, chissà mai perché ti ammali sempre dopo le sconfitte del Napoli”.
Fabrizio Aloj
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