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LA STORIA- Dalla A a Pomigliano, parlano Piccolo e Forino, cuori granata

Parlano i due simboli del nuovo Pomigliano. Due pomiglianesi doc tornati a casa

Tenuti lontano da casa per anni dai propri sogni di ribalta, Dario Forino e Antonio Piccolo,  simboli del nuovo Pomigliano, raccontano, in una piacevole intervista doppia, il loro ritorno alla Città dell’Alfa. Giovani, forti e pieni di speranza, i due talenti spiegano che a volte, scendere di categoria, è anche una questione di cuore. Il primo, terzino sinstro cresciuto all’Empoli, ha fatto la trafila delle Nazionali (fino all’Under 19) e marcato (con successo) Balotelli nella finale del Viareggio 2008, il secondo, estremo difensore scuola Juve, ha addirittura rappresentato l’Italia al Mondiale Under 20 tenutosi in Egitto nel 2009. Ora, entrambi, ripartono da casa loro: sogni, ambizioni e responsabilità di due classe ’90 dal curriculum invidiabile raccontati dalla Redazione di IamNaples.it.

 

Antonio Piccolo, mani grandi e occhi buoni, ha mosso i suoi primissimi calci nel Pomigliano, salvo poi, in età adolescenziale, trasferirsi a San Sebastiano al Vesuvio, alla Mazzeo, società nota per la crescita ed il lancio di giovani talenti. Dopo la Mazzeo, Antonio ha palpato con mani (e che mani) il calcio che conta: Samp, Toro e per finire la Juventus. Proprio a Torino, sponda bianconera, il ragazzo ha vissuto i momenti più belli della sua carriera. Lo scorso anno ha giocato a Milazzo, in Seconda Divisione di Lega Pro.

– Quali sono le differenze tra il calcio professionistico e questo “provinciale” di D?

Se devo fare il paragone con la Lega Pro, credo che paradossalmente, tra Milazzo e Pomigliano, la realtà campana sia molto superiore a quella siciliana. Qui la dirigenza ci offre il meglio sotto ogni aspetto, dal materiale per gli allenamenti alle strutture ed alla logistica, inoltre a Milazzo ho trovato uno staff tecnico non di primissimo livello e spesso notavo che l’allenatore era manovrato dal direttore sportivo. Qui a Pomigliano, invece, ho trovato uno staff che cerca di instaurare un rapporto di tipo confidenziale, mister Cimmino è in gamba e la tifoseria è ottima e non credo abbia nulla da invidiare a molte compagini di Seconda Divisione Lega Pro. Se poi paragoniamo la D a delle realtà come la Juventus, allora lì le differenze affiorano e come, sia dal punto di vista meramente tecnico, che dai più piccoli dettagli di ogni genere. Devo, però, spezzare una lancia in favore del calcio “minore”: molto spesso, infatti, chi gioca a certi livelli mette il guadagno economico davanti a tutto, qui invece ci sono calciatori che giocano davvero per amore della maglia.

– Cosa chiedi a questa esperienza tra i dilettanti?

Non mi sono posto nè limiti nè obiettivi, voglio divertirmi e dare il massimo per questa nuova esperienza. Ho girato molto e sinceramente ero un pò stanco: è arrivata la chiamata del Pomigliano, la mia Città, ed ho pensato fosse giusto e bello sposare la causa granata. Giocare a calcio è la mia più grande passione e farlo a casa lo rende ancora più bello. Inoltre affiancherò la cosa all’Università. Dovesse venire qualcosa in più, bene, altrimenti nessun problema.

– Le tue prime impressioni in granata?

Sinceramente credevo peggio, invece devo dire che la dirigenza Pipola non ci sta facendo mancare niente. Certo, rispetto alla precedente dirigenza, le disponibilità economiche sono inferiori ma l’impegno è massimo. Inizialmente, quando la squadra era in allestimento, c’era molta confusione, ma ripeto: rispetto a Milazzo sembra che sia qui il professionismo. Lì ho dei ricordi bellissimi, come l’esordio in cui parai un rigore, ma diamo a Cesare quel che è di Cesare, come serietà e qualità delle strutture Pomigliano è da C. 

Dopo i fasti della dirigenza Romano, i tifosi sono un pò scettici sul nuovo Pomigliano. Cosa vuoi dire loro?

I tifosi sono abituati a lottare per i play-off, è vero, ma non mi sembra che con i Romano si sia mai vinto qualcosa, nonostante le ingenti somme spese dall’ormai ex Presidente. A mio parere lo scetticismo di cui stiamo parlando è superfluo e non ce lo meritiamo, siamo una squadra giovane e dietro di noi c’è un progetto serio e lungimirante: l’obiettivo annuale è quello della salvezza, poi dopo possiamo guardare ad altre mete. Per scaramanzia non prometto nulla, ma sono fiducioso del nostro gruppo.

Giocare a casa tua può essere uno stimolo ulteriore a far bene o una doppia responsabilità? Hai qualche rimpianto? Dal Mondiale Under 20 alla D la strada è lunga…

Non avverto tensioni particolari, gioco per divertirmi, come ho già detto. Rimpianti non ne ho: mi sono trovato fuori da un giro senza capire bene il perchè. Sul campo non mi rimprovero niente, magari, però, potevo scegliere meglio il procuratore o dedicarmi meglio a dettagli extra-calcistici. Non so bene chi non ha creduto in me a certi livelli, quando sono in campo penso a volte che vorrei prendermi delle soddisfazioni, ma non per dimostrare qualcosa a qualcuno, per divertirmi e giocare a calcio, la cosa che amo di più. A volte sento ex compagni e dirigenti e mi chiedono come abbia fatto a non rimanere nel mondo dei professionisti, sinceramente non lo so, ma va bene così. 

Dario Forino è un mancino naturale. Cresce nel San Nicola di Castelcisterna (altra importante vetrina del calcio giovanile campano) e passa, giovanissimo, all’Empoli. Come Piccolo, Forino vive il calcio che conta, calca stadi importanti e con la maglia della Nazionale si toglie belle soddisfazioni. Lo scorso anno era al Valenzana, compagine di Seconda Divisione.

Con Piccolo, La Gatta (di proprietà del Napoli ndr) ed Irace, rappresenti i tuoi concittadini. Nonostante la tua giovane età molti ti vorrebbero capitano del tuo team. Come vivi questa situazione? Sei gratificato o hai qualche timore?

Giocare a casa tua, quando le cose vanno bene, è bello il triplo, non il doppio. Logicamente devi essere da esempio per i compagni, spronando sempre a dare di più, proprio perché questa maglia la senti tua come una seconda pelle. Certo che quando le cose vanno meno bene, allora, la situazione può essere un pò dura: è casa tua e spesso devi metterci la faccia. Personalmente sono sceso di categoria per amore di questa Città e questa maglia. Poi ho parlato personalmente con il Presidente, una persona onesta e molto ambiziosa, il quale mi ha promesso, in 3 anni, di allestire una squadra capace di ambire al professionismo. Il Presidente Pipola è prima di tutto un tifoso: ci tiene quanto noi che il Pomigliano faccia bene. Ora le cose possono andare bene quanto male, ma non mi piace sentir parlare di una squadra scarsa, data già per spacciata: ai nostri tifosi chiedo solo di darci il grande amore che hanno sempre donato alla maglia, poi per i giudizi e le eventuali critiche, che accetto sempre, aspettiamo almeno che il campionato inizi. Pomigliano non è una realtà abituata alla B o una squadra fallita che deve velocemente tornare a certi livelli, quella granata è una compagine abituata alla D, non è cambiato nulla rispetto agli scorsi anni, solo ai tifosi, dobbiamo chiedere, per amore della propria Città, di avere pazienza. Poi, chi paga il biglietto può fare quello che vuole ed ha tutto il nostro rispetto. Per quanto concerne il fatto di candidarmi a capitano, sinceramente, non mi sento ancora pronto. C’è Follera con la fascia al braccio, è una persona perfetta per quel ruolo, è il miglior capitano che abbia mai avuto da quando gioco a calcio. Sa sempre come comportarsi, ha una famiglia e sa cosa vuol dire sacrificarsi.

– Domenica (oggi ndr) c’è l’esordio con il Potenza. Siete pronti?

Il bello del calcio è che si può sempre perdere, vincere o pareggiare. Ai miei tifosi non prometto di vincere tutte le gare, ma di giocare tutte le gare per vincere. Ci saranno momenti in cui dovremo difendere, altri in cui cercheremo il gol, momenti di gioia e momenti un pò meno felici, ma è il bello del calcio e state sicuri, ogni domenica suderemo e onoreremo la maglia granata.

– Con la regola degli Under, c’è qualche giovane su cui punteresti, che ti ha impressionato?

Certo. Alessio Caiazzo, l’ex Napoli Romano, il portierino Loffredo, classe ’94 e quindi un pò inesperto, ed anche Biancardi. Inoltre c’è il piccolo La Gatta, un bravissimo ragazzo classe ’95, in prestito dal Napoli, che si trova a dover affrontare il campionato di D che è una realtà molto difficile. Mi ha impressionato per la grande personalità che mette in ogni sua giocata, che sia in gara o in allenamento, a 17 anni non è facile. Certo che lo stimerò ancora di più quando, la Domenica, ci farà portare i 3 punti a casa. Tra i meno giovani, se posso, citerei Irace, un amico e un grande calciatore, che putroppo, a causa della regola degli under, sta vedendo di meno il campo. Se posso, direi che questa regola sta molto limitando la bellezza delle gare di D: il nostro girone è di primissima fascia, di categoria superiore, e molto spesso i giovanissimi sentono molto lo scotto. Inoltre le realtà che non possono accaparrarsi i migliori “under” sono molto limitate da questa regola. Lo stesso Piccolo, domenica scorsa non ha giocato. Molto spesso i giovani meritano di stare in campo, ma quando non è così, sarebbe meglio giocassero i più esperti.

– Hai notato dei cambiamenti dovuti a questa regola?

Sì, specie tra i professionisti di Lega Pro. Lì far giocare dei giovani vuol dire avere dei premi dalla Lega e ad un certo punto si pensa solo a guadagnare, a scapito del gioco. Molti, proprio per questo motivo, mi dicono che la D è più competitiva. A livello di tifo, mi sto davvero entusiasmando: giocare al Sud, per un calciatore, è la cosa più bella del Mondo, si vede quanto la gente ami questo sport. E farlo a casa tua è il Top… Ho sempre sognato di giocare per la mia Città. 

– Cosa pensi del fattaccio di Domenica scorsa (Pomigliano- Savoia, Secondo Turno Eliminatorio di Coppa Italia ndr) costato un dito della mano ad un ragazzo della Sicurezza?

Ci vuole più sicurezza: sia per chi gioca, che per chi assiste alle gare. Non possono entrare petardi allo Stadio, non si possono permettere certe cose. Ma non vogliamo la partita vinta a tavolino: il Savoia ha vinto sul campo, nonostante il fattaccio, e merita di andare avanti in Coppa Italia. Voglio vincere qualcosa a Pomigliano, è il mio obiettivo, e la Coppa Italia sarebbe una bellissima vetrina, ma le vittorie ce le dobbiamo meritare sul campo. Certo che una punizione i tifosi oplontini la meritano: stop alle trasferte!

– Promessa ai tifosi.

Riuscire, in qualche anno, a vincere qualcosa a Pomigliano, partendo dalla salvezza di quest’anno. Sono venuto qui per mettermi in discussione davanti al mio pubblico, anche per rilanciarmi.

Domanda ad entrambi: Il momento più bello della vostra carriera?

F: Il primo anno di Primavera con l’Empoli, ho giocato su campi bellissimi, sia con l’Empoli che con la Nazionale, sia  per l’Under 18 che per l’Under 19 e credo di aver toccato il cielo con un dito. Poi ho marcato Balotelli in una Finale del Viareggio e posso dire di aver fatto una buona figura. Certo che se dovessi marcarlo oggi, troverei qualche difficoltà in più (ride ndr). 

P: Quando feci il terzo in un Napoli-Juventus. Il periodo fu bellissimo, ero in prima squadra, anche se ero “solo” il terzo. Quando venni a giocare a Napoli mi prefissai di essere il primo ad uscire per il sopralluogo pre-partita. Così fu: e mi beccai per primo i fischi dei 60.000 del  San Paolo. Ho ancora i brividi. 

 

A cura di Mirko Panico

 

 

 

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