Il parere del Cts arriverà oggi e con ogni probabilità sarà positivo: sì agli allenamenti di gruppo dal 18. Nel frattempo, però, si cerca di ragionare sui principali problemi da affrontare nel caso in cui ripartisse la fase 2 del calcio.
Possibile soluzione – Tutto ruota attorno a una domanda, sottolinea Il Messaggero: ma se ci fosse un positivo alla ripresa della stagione? Dovendo giocare 3 gare a settimana come potrebbe una squadra recuperare se per 14 giorni deve stare in isolamento? Ecco allora la soluzione che potrebbe evitare un nuovo stop. Saranno fatti test sierologici prima e dopo la partita. Ma si badi bene non con prelievo venoso che potrebbe comportare problematiche per l’atleta, ma test capillari ad immunofluorescenza. I controlli sono rapidi (8 minuti la durata di ognuno) e affidabili per sensibilità e specificità.
Come funziona – Il macchinario – prosegue Il Messaggero – tra le sue funzioni prevede il referto stampato e la condivisione dei risultati in un database, consentendo agli addetti ai lavori, nel pieno rispetto della privacy, di controllare lo stato di salute dei singoli giocatori, ad esempio, prima di una partita. Così un medico esterno e super partes potrebbe dare il via libera per entrare in campo in sicurezza. Nei casi sospetti resta l’uso del tampone rapido. In questo modo si ha uno screening di tutti che permette di isolare solo i giocatori contagiati e non tutta la squadra.
Il dubbio – Sui macchinari però c’è un nodo ancora da sciogliere: devono pagare le squadre o sarà la Lega a fornirli ai club? E poi c’è sempre il problema della responsabilità oggettiva dei medici. La FIGC da un lato sta lavorando con un broker assicurativo per trovare una polizza e dall’altro studia una soluzione con l’Inail.
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