Per un giorno, un giorno solo, il difensore della Loggetta si è buttato alle spalle la panchina col Bologna, l’esclusione dai titolari di Verona, il contratto che tarda, la vita da precario. Per un pomeriggio Paolo Cannavaro è tornato a sentirsi al centro del mondo. Quando Enrico Fedele e il figlio Gaetano, i manager di famiglia, lo hanno chiamato per dirgli che se voleva, Milan e (magari) pure l’Inter erano pronte ad accoglierlo, lui non ha avuto esitazioni a dire di no. «Non mi sento uno con le stampelle, voglio restare a Napoli e dimostrare di poter giocare in questa squadra». Nessuna esitazione per uno che tifa Napoli dalla culla. E a renderlo ancor più forte (forse persino felice) la scelta di De Laurentiis di non accettare nessun tipo di trattativa. Il suo momento, in fondo, sta per arrivare: a partire dalla gara di sabato prossimo, contro l’Atalanta, si giocherà al ritmo di una partita ogni tre giorni dal 14 settembre fino al 5 ottobre. Senza respiro: Atalanta, Borussia Dortmund, Milan, Sassuolo, Genoa, Arsenal e Livorno. Sette gare in 21 giorni. Il momento di Cannavaro sta per arrivare. Ed è convinto di poter far cambiare idea a Rafa su quelle che sono le sue attuali gerarchie in difesa. Da ieri mattina Cannavaro jr ha riabbassato la testa a Castelvolturno convinto che solo con il lavoro può riprendersi quanto ha perso. C’è rimasto male, inutile nasconderlo, per aver assistito alle prime due gare di campionato dalla panchina. Non gli capitava da dieci anni, da quando era al Parma. Racconta agli amici: «Mai nessuno, da Sacchi a Prandelli, da Reja a Mazzarri mi ha mai detto che ero titolare. La maglia l’ho conquistata sempre sul campo e con le prestazioni. Domenica dopo domenica». Le voci di mercato, da Skrtel ad Astori e Rami, gli avevano fatto capire che Benitez lo considera uno di cui poter far a meno. Le esclusioni, dunque, non sono state una sorpresa. La panchina in sé non è un problema. Il capitano è cosciente del fatto che a più di 32 anni non può giocare tutte le partite. Ma pur nel rispetto dei compagni gli riesce comunque difficile vedersi come gli altri arrivati da così poco tempo: lui che col Napoli ha collezionato 267 partite presenze (193 solo in campionato), 9 gol segnati, più di 23mila minuti giocati indossando la maglia azzurra. Anche perché Paolo si rende conto di non attraversare un periodo di appannamento ma ha accettato la panchina senza mugugni, sostenendo i compagni e pronto a recitare la sua parte quando gli verrà concesso. Per dare il meglio, però, Cannavaro, ha bisogno di essere coinvolto, come a un soldato serve un ideale per combattere con valore. Ma forse oggi il difensore azzurro non si sente abbastanza coinvolto dal progetto di Benitez ed è evidente che la vicenda del contratto non è estranea. Paolo sta vivendo la mancata offerta del rinnovo da parte della società come un segno di sfiducia, sospetta che sia in corso una sorta di ammainabandiera. Dopo le schermaglie verbali dei suoi procuratori, infatti, non c’è stato alcun contatto, né a breve è stata fissata la data di quell’incontro che Paolo si augura possa essere decisivo per l’accordo e per la firma. Visto il momento recente, però, difficilmente il club azzurro farà dei grandi passi. Quindi ora spetta a lui decidere se prendere quel che gli verrà offerto e chiudere almeno il fronte del contratto o tenere duro e aspettare tempi migliori, puntando sul fatto che un periodo in chiaroscuro non può inficiare sette anni di onoratissima carriera in azzurro.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
A.F.
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