Un po’ Mourinho, un po’ Trapattoni – non solo per l’acqua santa che porta sempre con sé in panchina – ma anche un po’ Lino Banfi nel film cult degli anni ’80 «L’allenatore nel pallone». Tanto per non prendersi sempre sul serio. Sì, perché Antonio Conte vorrebbe apparire antipatico, tutto d’un pezzo, ma proprio non ci riesce. Sintonizzarsi stasera su Italia 1 verso mezzanotte per credere. Perché il tecnico della Juve ai microfoni de «Le Iene» si è scatenato, rispondendo in dialetto pugliese con ironia e sarcasmo alle innumerevoli domande che gli sono state poste presso il quartier generale di Vinovo rigorosamente in napoletano da Rosario Rosanova.
È stato un duetto esilarante, intervallato pure da alcune strofe di una canzone dei Sud Sound System. Tanto per non farsi mancare nulla. Appunto. Ma ridendo e scherzando si è parlato di calcio. Rosanova:
«Il campionato non lo vinci, perché non lo vinci, giusto?»
Conte risponde,
«No, lo vince il Napoli, lo vince il Napoli»
e si mette le mani in tasca. La Iena rilancia:
«Che fai con le mani in tasca?».
Il tecnico ribatte:
«Quest’anno lo vince il Napoli».
Ancora Rosanova:
«Ma che vince il Napoli, non lo vince nessuno».
Anche la Iena si mette le mani nei pantaloni per scaramanzia. E tutti e due scoppiano a ridere. Appunto. Ridendo e scherzando. Tutto qui? Niente affatto. Perché il botta e risposta è continuato per diversi minuti. Conte poi ha tirato in ballo pure Oronzo Canà quando gli sono state fatte vedere le immagini di lui tarantolato in panchina durante le partite.
«Questo è Lino Banfi che mi ispira: porca puttena»
ha risposto, riferendosi alla celebre espressione dell’attore. Immancabile una battuta sul dialogo che il tecnico ha avuto con Krasic prima di spedirlo in campo durante una gara.
«Ho parlato in dialetto stretto con Milos e non mi ha capito – ha rilanciato – gli ho detto entra e per venti minuti brucia la fascia, vai avanti e indietro, però non so se aveva capito. Devo dire che se arrivo a parlare in dialetto durante la partita è perché sono arrabbiato ed è un monito per la squadra».
Impossibile non parlare di mentalità. La Iena gli ha domandato se legge libri. «Ho fatto le superiori, l’università, ho letto libri di psicologia e poi li condivido con i giocatori. C’è un bel libro di Montali “Scoiattoli e tacchini”. Il titolo non c’entra niente».
Piuttosto che lui, vorrebbe che la Juve tornasse ad essere antipatica.
«Siamo diventati troppo simpatici ultimamente, è tempo di invertire la rotta, perché in Italia è obbligatorio: chi vince è antipatico»
ha rilanciato, non tirandosi indietro neanche quando La Iena gli ha fatto una domanda antipatica suggeritagli da un amico, prima anticipata in un orecchio:
«Porto il parrucchino? No, è tutta roba mia. È tutta invidia no? 10.000 dollari e ti passa la paura. C’è chi si rifà i seni».
Poi il discorso è tornato un po’ serio. Solo un po’.
«È meglio fare l’allenatore o il calciatore? Il calciatore 100.000 volte, perché va a casa e pensa a sé. Un tecnico invece deve pensare a tutti».
Gran finale con Del Piero.
«Alessandro è un campione – ha concluso – anche quando respira si sente un’aria di juventinità ed è sempre d’esempio per tutto lo spogliatoio. Mi chiedi se ne va? E dove va? Rimane qua. Per me è un ragazzo fondamentale».
Come Buffon e Marchisio, ieri in versione seria, istituzionale. Gigi predica prudenza:
«Alla decima giornata Napoli-Juve non è da scudetto, ma una gara importante, perché dietro possono esserci tanti risvolti, possono cambiare tante cose dal punto di vista della fiducia, della convinzione, dell’autostima per l’una e per l’altra squadra. Quindi importante, ma non una sfida scudetto».
Realista pure Marchisio:
«Lo scudetto? È una bella parola e deve rimanere tale. Dopo Napoli sapremo dove potremo arrivare. La cosa importante è rimanere in testa».
Conoscendo Conte si sarebbe messo le mani in tasca.
La Redazione
A.S.
Fonte: Il Mattino
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