A Napoli si può dire che gli è servita l’esperienza all’Inter per presentarsi sabato a San Siro con 12 punti in più dei nerazzurri, perché il suo Napoli è stato edificato sugli errori del passato. Da De Laurentiis ha ottenuto il fuoriclasse (Higuain) e gli specialisti del 4-2-3-1(Callejon, Mertens…) che non aveva strappato a Moratti. I molti acquisti spagnoli gli hanno coperto le spalle. Gli argentini qui sono allineati. Lo staff pure. Ha intercettato la nostalgia canaglia epurando i più mazzarriani (De Sanctis e Cannavaro…). Il compito è stato più semplice perché il predecessore era forte di una coppa Italia, non di un Triplete, ed era sprovvisto di fascino carismatico.
E così, pur pagando anche qui la sua testa dura e qualche piccola crisi di rigetto (Behrami, Hamsik), Rafa è riuscito a portare avanti la rivoluzione gentile: gioiose notti di Champions, terzo in campionato, finalista in coppa Italia, amato dal popolo perché vive la città, ma soprattutto è riuscito a sradicare l’abitudine a chiudersi per ripartire e ha imposto un gioco moderno, divertente, che promette futuro. Come voleva fare all’Inter. Sabato Rafa tornerà orgogliosamente in quello che poteva essere il suo castello. Non è un pirla.
Fonte: Gazzetta dello Sport
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