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La rissa di Lavezzi- I pm interrogano i testimoni: “Il Pocho era fuori di sè”

Appena il tempo di depositare la denuncia in Procura, che l’inchiesta sulla rissa di Posillipo entra nel vivo. nchiesta sprint, le accuse di un gruppetto di ragazzi che chiamano in causa l’asso del Napoli Ezequiel Lavezzi, ieri mattina le audizioni in Procura di alcuni probabili protagonisti della nottataccia posillipina. Dal pm è stato ascoltato il ventunenne che sostiene di essere stato aggredito in due riprese da Lavezzi, al termine di una lite scoppiata per motivi di viabilità. Subito dopo, agli atti finisce anche la versione dei sei testimoni indicati dalla sedicente parte offesa. Tutti avrebbero confermato più o meno la stessa ricostruzione. Due e mezzo del mattino – tra il 14 e il 15 dicembre scorso – poche ore prima della partita casalinga del Napoli contro lo Steaua. Via Nevio, Posillipo, si parte dalle denuncia presentata dal penalista Giorgio Balsamo, che assiste il napoletano ventunenne: un tamponamento tra la Mercedes in cui viaggia Lavezzi e un’auto in cui ci sono ragazzi napoletani, poi raggiunta da un’altra auto. Uno dei ragazzi chiede i dati dell’assicurazione all’uomo che accompagna Lavezzi e scoppia una lite furibonda. Secondo la denuncia, a sferrare calci e pugni per primo proprio un uomo che viaggiava nella Mercedes, poi in seconda battuta sarebbe sopraggiunto l’argentino: «Era fuori di sé», hanno spiegato ieri al pm i sette potenziali testimoni. E a nulla sarebbe servito appellarsi al tifo per il proprio idolo, dal momento che il calciatore sembrava in preda a una rabbia inspiegabile, ingiustificata, gratuita. Inchiesta affidata al pm Giuseppe Cimmarotta, a cui spetta ora il compito di confrontare le versioni messe a verbale dai sei potenziali testi d’accusa e dal ventunenne, che ha anche presentato un referto dell’ospedale Fatebenefratelli, per attestare ferite guaribili in sette giorni. Nel frattempo, la Procura ha identificato l’uomo che accompagnava il calciatore, anche con l’obiettivo di ascoltare l’altra versione dei fatti. Lavezzi e il suo amico potrebbero a questo punto essere convocati in Procura per rendere dichiarazioni sulla notte tra il 14 e il 15 dicembre scorsi. Una vicenda su cui lo stesso calciatore ha sempre tagliato corto, limitandosi a ricordare di essere intervenuto solo per sedare una lite in corso e di aver fatto da paciere. Inevitabile il confronto tra le ricostruzioni finite agli atti. Ma la storia della notte di Posillipo non è l’unico «contatto» tra il fantasista argentino e il mondo giudiziario napoletano. C’è una coincidenza che proietta il nome del calciatore in un’aula di giustizia napoletana e fa riferimento a un processo per omicidio che ha inizio questa mattina dinanzi alla terza corte d’assise (presidente Carlo Spagna): è l’omicidio di Gianluca Cimminiello, un tatuatore ucciso per aver «osato» pubblicare in Internet un fotomontaggio che lo ritraeva al fianco di Lavezzi (che ha notoriamente tanti tatuaggi), suscitando così la gelosia professionale di altri tatuatori sul mercato. Si parte questa mattina, imputato Vincenzo Russo (difeso dal penalista Giuseppe Ricciulli) e agli atti finisce anche il breve interrogatorio reso da Lavezzi lo scorso tredici maggio al pm Gloria Sanseverino: «Tutti i tatuaggi che ho fatto a Napoli sono stati eseguiti presso la mia abitazione da un tatuatore di Caserta. Parecchi dei miei compagni di squadra si sono serviti di questo tatuatore, di cui non so nemmeno dove abbia lo studio, perché ripeto è sempre venuto lui a casa mia. Non conosco imputato e vittima del processo, quella foto è un fotomontaggio».

La Redazione
C.T.

Fonte: Il Mattino

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