L’ULTIMA dannazione di Benitez è la pareggite, su cui il Napoli s’è arenato di colpo dopo la sosta di metà novembre: 3-3 con il Cagliari, 0-0 con lo Sparta Praga e 1-1 sul campo della Sampdoria, strappato nel secondo minuto di recupero. Zapata ha almeno evitato la sconfitta, salvando in extremis il terzo posto. Ma nemmeno la lunga striscia positiva di dieci giornate, cominciata dopo il ko del 21 settembre a Udine, ha garantito il sospirato salto di qualità. A Rafa resta la platonica soddisfazione di essere l’allenatore della serie A imbattuto da più tempo, in questo campionato. L’astinenza da vittoria, però, ha fatto schizzare il ritardo dalla Juve per la prima volta in doppia cifra (-11), mentre s’è raddoppiato in 180’ quello nei confronti della Roma: da 4 a 8 lunghezze. Altro che rimonta scudetto, insomma. È stato il tecnico spagnolo a chiudere il capitolo, nel dopo-gara di Marassi. “Le prime hanno qualcosa di più, noi siamo al posto che ci meritiamo”. Un’ammissione dolorosa, anche se lucida e onesta: non si sogna più.
Venti partite ufficiali, tra campionato e Coppe, hanno dato a Benitez un’idea definitiva sulle potenzialità del suo gruppo. I numeri parlano chiaro, con un bilancio di 9 vittorie, 6 pareggi e 4 sconfitte, non da grande squadra. Manca la continuità, come succedeva pure nella passata stagione. E gli estemporanei exploit, per quanto esaltanti, non bastano per compensare i gravi e più frequenti cali di tensione: causa del pesante ritardo in classifica rispetto alle migliori e perfino del deficitario confronto col Napoli di un anno fa, che aveva di questi tempi (nonostante lo stress da Champions) 5 punti in più. Ma è un segnale anche la rassegnazione di De Laurentiis, che ha celebrato come una vittoria lo scampato pericolo di Marassi.
Fonte: La Repubblica
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