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La nave ha già una rotta e Benitez vede un Napoli sempre più “suo”

Con pregi e difetti, l'impronta del nuovo tecnico si vede, impressa sulle vecchie fondamenta con il timbro dei nuovi arrivi

Benitez dipinge il suo nuovo Napoli, ma la cornice e la tela sono sempre le stesse: la cornice è uno stadio con 35 mila tifosi accorsi per una semplice amichevole e inneggianti al nome di Higuain quando il centravanti segna il suo primo (e decisivo) gol con la maglia azzurra; la tela è una società solida e una rosa già in parte preesistente, lungo l’asse d’esperienza e affiatamento Cannavaro-Behrami-Hamsik e i satelliti altrettanto sincronizzati Dzemaili-Pandev-Insigne. E cambiando metafora, con un’imbarcazione così solida Benitez può già accorgersi di aver fissato una rotta, chiara e visibile, e anche soddisfacente per quanto necessiti ancora di qualche correzione.

IMPERFEZIONI IN DIFESA –  Al 12′ Markovic faceva vedere l’unico sprazzo del suo talento, passeggiando indisturbato per trenta metri nella trequarti azzurra. E più o meno lo stesso riusciva a fare, in un’occasione nella ripresa, il suo connazionale Djuricic. In questi due momenti risaltava più lampante il punto debole del Napoli-2014: centrali di centrocampo molto alti, bravi a recuperare palla sul nascere dell’azione avversaria ma spaesati quando la palla è nella loro trequarti. Anche perché abituati, l’anno scorso, ai raddoppi offerti da Maggio e Zuniga. I laterali quest’anno invece agiscono più indietro e ancora non sanno bene cosa fare. Proprio la copertura che dovrebbe risultare dall’interazione fra centrocampisti centrali e difensori esterni è il compito che riesce meno bene al Napoli di Benitez. Di conseguenza, talvolta, i centrali di difesa si trovano isolati e, pur incolpevoli, subiscono gli avversari. Di certo un meccanismo da rivedere, perché la coppia Behrami-Dzemaili o Behrami-Inler va in affanno quando è appena davanti alla difesa, che probabilmente dovrebbe salire ad aiutarli, almeno con gli esterni.
E l’altro difetto che è messo in luce già dalla statistica è la  fragilità sui calci piazzati: tutte le reti subite nelle ultime tre uscite internazionali sono arrivate sugli sviluppi di un tiro da fermo. Un po’ di lavoro per Benitez, ma la sensazione è che i difetti siano tutti “puntualizzati” e per questo correggibili col tempo.

IDENTITÀ E CONFERME – I pregi visti fin qui, invece, sembrano estesi: collettivi e strutturali. Perché riguardano la manovra corale e perché si sono confermati in ogni gara. Una manovra fatta di pochi tocchi, veloci e spesso di prima, quasi sempre verticali e rasoterra; fraseggi precisi e raffinati, performativi ma allo stesso tempo votati a premiare la tecnica e la classe. Queste ultime in particolare, sono caratteristiche di Lorenzo Insigne: il folletto napoletano infatti va a nozze con il gioco spumeggiante di Benitez. Rispetto all’anno scorso è molto più nel vivo dell’azione, anche più sicuro di sé, e gli scambi con Hamsik sono spettacolo puro. Sulla sinistra è un siluro, tanto che a volte non riesce a fermarsi in tempo e si perde ancora sull’ultimo passaggio o sul tiro. Ma i suoi cross sono vellutati e chirurgici: e non a caso dal suo piede parte l’assist per il gol di Behrami, non esattamente un bomber. A proposito di Hamsik, il suo ruolo di guida è sempre più chiaro e anche lo slovacco sembra voler sempre sfoggiare un calcio elegante e insieme efficace.
Altre conferme: la personalità di Reina, inserito già con agio nella nuova squadra (un po’ come tutti); la disciplina di Callejon, ancora però a scapito delle sue doti offensive; la disponibilità e l’intelligenza di Pandev, bravo a venirsi a prendere palla a centrocampo quando vede Dzemaili e Behrami in difficoltà per il pressing alto del Benfica; la dinamicità e il tiro di Dzemaili, a cui basterebbe prolungare il periodo d’oro di fine campionato scorso; l’insostituibilità di Behrami, capace di recuperare decine di palloni e far ripartire l’azione immediatamente; le potenzialità e la corsa di Mertens, che è in evidente crescita.

PRIMA VOLTA PER HIGUAIN – Capitolo a parte per Higuain: “El Pipita” è ancora in ritardo di condizione, ma è proprio questo aspetto a rendergli tutte le lodi. Gonzalo ha la pazienza e la lucidità di adattarsi al suo stato attuale, senza cercare di strafare e anzi mostrando il giusto altruismo per giocare al servizio della squadra. Dialoga bene, fa da sponda, regala belle aperture, prova a inserirsi, finendo spesso in fuorigioco. Ma fa il suo lavoro, e lo fa al meglio delle sue attuali possibilità. La rete è il giusto premio alla pazienza: infatti arriva in modo fortunoso su tiraccio sbilenco di Armero e Higuain si trova al posto giusto al momento giusto, favorito da un doppio errore di Silvio, che stavolta gli risparmia anche il fuorigioco. Così il franco-argentino può finalmente assaggiare il boato del “San Paolo”, che certamente contribuirà a caricarlo e dargli stimoli e fiducia.

LA MANO DI BENITEZ – Tutti questi dettagli, individuali e collettivi, insieme formano la nuova identità del Napoli di Benitez, già visibile in modo evidente. Squadra corta, concentrata, coesa; baricentro alto e pressing ancora più alto; passaggi brevi e veloci, e cambi di gioco quando servono. Anche le sostituzioni stavolta sono state più lineari e meno confusionarie, attuate ruolo per ruolo. Con un aspetto interessante anche se non è una sorpresa: fin qui non sono emersi veri e propri titolari e il tecnico li ha provati un po’ tutti dall’inizio o nella ripresa. Insistendo ad esempio su Mesto, forse per sondarne le reali capacità e l’affidabilità come secondo di Maggio; provando tutte le coppie possibili in difesa, dove ancora convince poco Britos; lavorando molto anche su Armero, che deve imparare il nuovo ruolo di terzino. Il resto sono certezze già assodate (Behrami e Hamsik sono insostituibili) e alcune decisioni giuste e coraggiose (Dossena e Fernandez sembrano ormai fuori dal progetto, come già da tempo Uvini e Donadel).
Di certo Rafa aspetta nuovi acquisti: vuole un altro attaccante e si è capito; ma sa bene che serve anche un altro centrocampista centrale e soprattutto serve chiarire il capitolo-esterni, che forse andrebbero bene così se restasse Zuniga, ma sarebbero in grave carenza in caso di partenza del colombiano.

A cura di Lorenzo Licciardi

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