La bandiera: perché si nasce con un’idea, che può cambiare o restar tale o ingigantirsi. E se nella culla Lorenzo Insigne non aveva altro a cui pensare che al san Paolo, alla folla, al mito di Maradona raccontatogli da chi gli stava intorno, allora è tutto chiaro: una bandiera è per sempre e Napoli è un drappo azzurro da lasciar sventolare per l’eternità, magari bardandolo anche di verdebiancoerosso che sa di estasi, perché sa d’incoronazione. Eccolo là il futuro, è rinchiuso in quello stadio ch’è una favola e che l’ha spinto a dire di volerci restare, di potersi sentire sempre più grande, di voler rappresentare la Storia per quel che può, per quel che vuole, per quel che aspira chi ha giocato con lui sulle piastrelle di Frattamaggiore. E’ la Napoli d’Insigne, il domani calcistico: è un territorio da conquistare appieno, attraverso finte e dribbling e tiri a girare, quelli che un giorno hanno scatenato gli «ohhh» di insoddisfazione e che poi hanno scatenato le standing ovation. Il contratto poi è altro, vien da sé: scadenza 2018 per il momento, rinnovato due anni fa, a furor di De Laurentiis che, dopo aver parlato con Zeman ed aver avuto certificazione d’essere al cospetto d’un talento sul quale lavorare a oltranza, s’innamorò a scatola chiusa e pose il veto ad un prestito che pure veniva suggerito. Cosa chiedere di più alla vita (calcistica) se gli è riuscito di alzare la coppa Italia, timbrata con una doppietta? C’è parecchio, onestamente, sulla strada che conduce alle ambizioni più che legittime di Lorenzino Insigne, il figliol prodigo ch’è cresciuto – eccome – che non bada solo a segnare ma che si sacrifica e fa le diagonali difensive e copre in lunghezza e in larghezza. Ma l’orizzonte è immenso e va riempito d’altri contenuti significativi: perché se uno nelle fasce non aveva (assolutamente) niente altro su cui divagare, se non il pallone che rotola sull’erba del san Paolo, lui che l’insegue e poi, pum, come all’Olimpico, disegna una parabola perfidamente, diabolicamente leggiadra, è chiarissimo che abbia adesso in mente di vincere ancora, di poter magari raccontare a Carmine ch’è stato campione d’Italia, che certo aveva pure fatto un gol al Borussia Dortmund su punizione ma che, soprattutto, è diventata una bandiera del Napoli. Che sventola nel tempo.
Fonte: Corriere dello Sport
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