La trasferta del Napoli a Bergamo si è risolta con una grave disfatta: l’Atalanta ha vinto 3-0 infliggendo un altro stop in classifica agli uomini di Benitez e sollevando diversi punti interrogativi.
MERCATO E CALENDARIO – Prima di arrivare a guardare il campo da gioco, si parta allargando la visuale con una considerazione sul mercato di gennaio. Lo stesso Benitez ha espresso un giudizio molto puntuale: non ci sono stati colpacci che facciano saltare di gioia, ma almeno la squadra si è riequilibrata, con un innesto per reparto dal centrocampo in giù. Insomma, salvo qualche dettaglio (il vice di Higuaìn non è Zapata), la rosa non ha fatto grossi salti qualitativi ma si è completata sul piano quantitativo.
Di contro, si tenga conto di una prospettiva al di là del qui e dell’ora: a febbraio il Napoli giocherà quasi ogni tre giorni. La logica conseguenza è stata che la trasferta odierna a Bergamo imponesse una piccola riflessione sul turnover, in vista del delicato match di Coppa Italia contro la Roma. Non si possono spremere calciatori che hanno vissuto o ancora vivono problemi fisici; oppure si pensi al “povero” Callejòn, che in salute sta bene e per questo non ha riposato una volta sola. Così si chiariscono certe scelte tecniche di Benitez: la situazione-calendario spiega in parte perché il miglior acquisto invernale, Jorginho, sia rimasto in panchina, a fare compagnia anche a Hamšík e Higuaìn.
DURA SENZA MAREK – Ogni partita, però, vale tre punti e certe scelte si possono pagare. Tanto più se accanto all’avvicendamento tecnico subentra anche un discorso tattico, dato che il Napoli non dispone di doppioni esatti ma di giocatori con diverse caratteristiche. E di qui si torna a parlare del campo nello specifico: Pandev non è Hamšík e Zapata non è Higuaìn, non solo per capacità ma anche per ruoli. Non c’è bisogno di ribadire quanto sia diverso l’assetto con Hamšík a fare da elemento di raccordo, utile a realizzare, di fatto, la possibilità di un continuo alternarsi fra 4-3-3 e 4-2-3-1, pur sacrificando un po’ le doti offensive dello slovacco. Pandev invece tende a rimanere venti o trenta metri distante dal duo di centrocampo, generando una grave scollatura e lasciando come è noto in inferiorità, o meglio in solitudine, i due centrocampisti. Riguardo Duván, ha combattuto e corso molto, tornando a prendersi la palla, ma non è mai stato incisivo perché troppo spesso spalle alla porta e sempre lontano dalla stessa.
I PUNTI DEBOLI AZZURRI –Nel primo tempo a Bergamo, Benitez in realtà aveva saputo ovviare al problema tattico adattando gli interpreti alla necessità e presentando una squadra molto corta e attenta. Ne era venuta fuori una gara ben giocata da entrambe le squadre, ma senza grossi rischi da una parte e dall’altra. Unico allarme, le solite troppe palle perse e un buco dalla parte di Maggio, in affanno su Del Grosso e mai in aiuto a Fernandez per arginare il rapido Bonaventura. La ripresa è stata presto complicata dalla papera di Reina, mentre Dzemaili può essere colpevolizzato solo in parte, viste le consuete praterie fra lui e i compagni, spalancatesi stavolta per un improvviso e vistoso sfilacciamento della buona squadra compatta vista nel primo tempo. In queste condizioni una distrazione costa cara, ed è anche parzialmente giustificata dalla difficoltà di gestire il pallone in uno stato di quasi isolamento. Intanto, sulla fiancata destra azzurra, Maggio continuava ad impazzire fra i suoi dirimpettai, trascinando nel vortice della confusione anche il compassato Fernandez.
FESTIVAL DI ERRORI – Sull’1-0 spicca anche l’errore sotto porta di Mertens, seguito da quello imbarazzante e incommentabile di Inler, dall’altra parte del campo, costato il 2-0 che ha compromesso il risultato. Lo stesso Inler è rimasto immobile sulla spizzata di Denis che ha mandato in porta Moralez, mentre Fernandez franava al suolo inerme. Ed è stato 3-0. Tolti i già menzionati svarioni più vistosi, vanno considerate anche le tante piccole distrazioni commesse dal resto della squadra: non sono esenti da colpe i due di fascia, con Maggio ancora insufficiente, anche in fase di possesso; diversi, in generale, i controlli e i passaggi falliti, su tutti Pandev e lo stesso Maggio; i soli Albiol e Callejòn si sono salvati, l’uno per essersi immolato più volte da solo in una difesa allo sbando, l’altro per aver prodotto tantissimo lavoro “sporco” (di copertura), sacrificando la propria vocazione offensiva.
NECESSARIO QUALCHE CAMBIAMENTO – Il disastro a livello individuale andato in scena a Bergamo complica una valutazione tattica complessiva. Resta da considerare in ogni caso che alcuni giocatori, su tutti Inler, Pandev e Maggio, non riescono più ad offrire prestazioni anche solo sufficienti, e insistere su di loro è quantomeno un azzardo. Le difficoltà individuali, tuttavia, sembrano talvolta favorite da una disposizione in campo che offre poca coesione e assistenza reciproca e che continua a pagare un assetto fragile a centrocampo. Con l’Atalanta, per lasciar rifiatare Higuaìn e Hamšík, Benitez avrebbe potuto decidere almeno di non rinunciare a Jorginho, escludendo invece uno fra Pandev e Zapata. L’italo-brasiliano può bilanciare le assenze di altri titolari: ha un po’ della qualità di Hamšík e della corsa di Behrami, e potrebbe aiutare due come Inler e Dzemaili, il primo troppo lento e il secondo poco incline all’interdizione.
Contro le piccole o contro le grandi, allo stato atletico attuale giocare con quattro punte sembra un rischio troppo grosso, e in periodi di affanno fisico sarebbe il caso di rivalutare altri moduli, senza dover pensare a chissà quali rivoluzioni. D’altra parte, non è la prima volta che il Napoli viene punito da errori dei singoli: potrebbe essere una sventurata ricorrenza di amnesie individuali, di certo è indice di una carenza di qualità tecnica, ma magari è il sintomo di un problema che è anche collettivo.
Lorenzo Licciardi
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