NAPOLI – Ma el pipita dov’é? Immerso nella nebbia d’un novembre grigio, rischiarato a giorno con la doppietta all’Olympique Marsiglia e poi reso cupo da tre giornate indigeste, da una trasferta in America con la propria Nazionale attraversata con il pathos di farsi male e infine chiuso con la sconfitta che mette a rischio gli ottavi di Champions League e dunque mina un po’ quel senso compiuto di grandeur conquistato in Spagna. Già, el pipita dov’é? dov’é? S’è fermato al san Paolo, ventidue serate fa, quando per scrollarsi di dosso ogni paura – dopo quell’accidente muscolare che ne aveva minato le certezze, generando una sorta di leggenda metropolitana sulla sua integrità – scelse di fare il «gradasso», cosa che gli è riuscita sempre molto bene nei sedici metri, contro chiunque: per sbarazzarsi dell’OM e per cercare di allungare almeno momentaneamente una manina sulla qualificazione, ci pensò lui – di concerto con Inler – e si sbarazzò dei francesi, tenne alla larga di Borussia Dortmund, si sistemò in cima alla classifica del girone assieme all’Arsenal. E’ accaduto tutto appena ieri eppure pare preistoria.
GENEROSO – Però, in quest’eclissi, ha fatto ciò che ha potuto, vivendo l’astinenza con magnanamità: in Germania, l’assist per Insigne è suo e quello che manda Callejon a sgretolare il palo pure; e comunque da Sua Maestà quaranta milioni di euro è lecito anche attendersi di più: non che segni sempre, con cinismo aritmetico, e ci può scappare che nell’uno contro uno con Weidenfeller la vinca il portiere; ma è nel complesso che l’attaccante sembra essersi defilato da se stesso, dalla sua capacità di far reparto anche da solo, dal proprio «egocentrismo» che in quell’appezzamento di terreno ad uso e comsumo dei cannonieri d’annata è venuto meno nel controllo, nella rapidità di esecuzione.
PARTENZA LAMPO – E dunque, ricapitolando, è una stagione nella quale ricorre (ovviamente) il pensiero alla sua estate diversa: prima il ritiro con il Real Madrid, con la tournée e la testa altrove; poi l’arrivo a Dimaro per salutare il Napoli, starsene un paio di giorni e poi ripartire, stavolta destinazione Nazionale argentina: gli saranno mancati i minuti di preparazione solida, quella ch’è utile per accumulare energia da spendere poi in autunno, in inverno, per combattere il freddo – insomma – di zero gol in tre partite. La controtendenza, in pratica. Però quando l’annata comincia, el pipita c’è: resta all’asciutto solo contro il Bologna, alla prima; poi procede con la sua andatura lenta e rergolare: una rete al Chievo, una al Borussia Dortmund, una all’Atalanta, una anche al Milan: quattro su quattro, poker servito.
LA PAUSA – L’incidente in barca alimenta un po’ di gossip ma appartiene al passato, i «guai» quelli fisici compaiono a Marassi, in una mezzora superflua che diviene dannosa e genera sospetti: Higuain esce malconcio dalla trasferta, parte per Londra ma non gioca con l’Arsenal, non viene utilizzato per precauzione contro il Livorno e dopo la sosta, all’Olimpico di Roma, mostra disagi nei movimenti. La ripresa è però confortante a Marsiglia, quando manda in porta Callejon con un no look da applausi, pur nel contesto d’una gara che serviva a Benitez per recuperarlo; e con il Torino è (quasi) lui, ha la freddezza del cecchino dagli undici metri, si regala la prima doppietta napoletana, rompe il ghiaccio che forse avverte intorno e si candida a ripresentarsi come sa.
TENDENZA REAL – I numeri non mentono e soprattutto scatenano i paragoni scomodi(ssimi) per chiunque abbia avuto in destino l’eredità di Edinson Cavani, centoquattro reti in tre anni, dunque una media da strapparsi i capelli: però l’Higuain di Madrid – quello di due campionati fa, la stagione chiusa nel 2012 – el pipita viaggiava alla stessa velocità del matador (più o meno, differenza minima) e non era stato ancora pagato quaranta milioni di euro. Un patrimonio che amplifica le attese…
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