Il passo indietro di Marcello Lippi ha forse tolto attesa al parere della Corte federale d’appello. Ora però che è arrivato, il parere dell’organo di giustizia della Figc toglie ogni dubbio sull’interprtazione della norma sul conflitto d’interessi: con l’ex ct in federazione, il figlio Davide (agente tra gli altri dell’azzurro Chiellini) non avrebbe potuto continuare a fare il procuratore. L’interpretazione dell’articolo 3.2 del regolamento per i servizi di procuratore sportivo era chiaro: non possono esercitare l’attività di procuratore “tutti coloro che ricoprano cariche o abbiano rapporti professionali o di qualsiasi altro genere nell’ambito della FIGC o delle società ad essa affiliate”. In particolare i familiari, spiegava l’apposito commentario del regolamento.
Ora lo dice anche la sezione consultiva della corte federale, tirando la saracinesca sulla vicenda: “Il rapporto di parentela in linea retta di primo grado con soggetto titolare di incarico federale di natura tecnica rende evidentemente incompatibile, alla stregua della portata generale della norma vigente, l’esercizio dell’attività di procuratore sportivo”. La corte mantiene – quasi per ampliare i confini della norma a una più corretta interpretazione futura – anche delle eccezioni: “Tale principio – spiega infatti l’organo giudicante presieduto da Mastrandrea – può trovare parziale smentita, e quindi limiti alla sua applicazione, solo quando l’incarico federale attribuito al soggetto ‘in rapporto’ col procuratore sia estraneo all’area tecnica della Federazione o della società affiliata”. Non è certo il caso di un direttore tecnico come Lippi, che aveva già contribuito alla scelta del futuro commissario tecnico. Ma la corte, per maggiore chiarezza, fa anche riferimento a quanto previsto dall’art. 10, comma primo, del Codice di comportamento del Coni, deliberato dal Consiglio Nazionale il 30 ottobre 2012. Un regolamento quindi non solo per il calcio per lo sport italiano, in base a cui – proprio in tema di prevenzione dei conflitti di interessi – “i tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti dell’ordinamento sportivo sono tenuti a prevenire situazioni, anche solo apparenti, di conflitto con l’interesse sportivo, in cui vengano coinvolti interessi personali o di persone ad essi collegate”. Praticamente il caso di specie.
Lippi lo ha fatto, rinunciando all’incarico prima del pronunciamento della corte, togliendo d’impaccio il presidente Tavecchio. Resta l’imbarazzo della Figc per la scelta di offrire l’incarico a un dirigente “incompatibile” per una norma definita dalla stessa federazione non più tardi di un anno prima.
Fonte: repubblica.it
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