L’avranno vista mille volte quella interminabile partita, senza bisogno di videoregistratori e di moviole. Gli eroi del San Paolo hanno scoperto quanto sia immenso Stamford Bridge, lo stadio del brusco risveglio, ma anche il teatro della consapevolezza che l’Europa è una conquista da conservare, non da dilapidare. Mazzarri, ieri pomeriggio a Castelvolturno, ha addirittura mimato ciascun movimento dei suoi giocatori. E ricostruito quegli evitabilissimi errori che hanno portato gli inglesi a rimontare uno svantaggio in apparenza molto difficile da annullare. Eppure il Napoli è tornato da Londra forse ancora più forte, non umiliato dalla sconfitta e accarezzato dai complimenti di Drogba: essere arrivato fin lassù, tra le prime sedici squadre d’Europa, non è stato frutto di una serie di coincidenze fortunose. Ad alta quota la cosa più difficile è resistere ai venti e alle correnti, evitare che un tocco d’inesperienza rovini tutto.
Eccoci al punto, all’esperienza. De Laurentiis e Mazzarri magari la pensano in maniera diversa: il presidente ha deliberatamente rinunciato a ogni alibi, gli sarà sembrato che nascondersi dietro i grandi vecchi del Chelsea (Drogba, John Terry, Lampard) sarebbe stata un’esibizione di rassegnazione. E’ abituato a pensare in grande, il presidente: è passato attraverso i salotti buoni della televisione inglese, ha parlato di sport e di economia nella loro lingua, ha raccontato il fenomeno Napoli e ha spiegato come vorrebbe che fosse il calcio prossimo venturo. Non sono le stesse idee di Platini e lo dice ad alta voce. E’ convinto che questo Napoli potrà fare ancora tanto e avrebbe potuto farlo anche subito.
La proiezione è la stessa di Mazzarri, ma l’allenatore è uomo di calcio da una vita, sa che un piccolo errore può compromettere una grande impresa, e qualche sbaglio è più facile che lo commetta un calciatore non abituato alle grandi competizioni. E’ il motivo per cui ha tirato in ballo l’esperienza, qualche minuto prima che De Laurentiis se ne uscisse con una apparente smentita. Su una cosa saranno perfettamente d’accordo: questo Napoli può crescere ancora. E nulla serve più delle vittorie. Il bilancio virtuoso è la base necessaria (e qui il pensiero di Platini e De Laurentiis è incredibilmente lo stesso), ma solo i successi trasformano un club in regola con il fair play finanziario in un grande club. Vale come piccola consolazione il raffronto con il Napoli dell’era Maradona: quello fu grandissimo in Italia, ma fuori dei confini nazionali trovò gloria (e coppa Uefa) solo nella seconda manifestazione europea. In coppa dei campioni incontrò il Real Madrid e finì la corsa; della seconda volta resta il ricordo di una trasferta a Mosca con Maradona che dette spettacolo più la notte in pelliccia di volpe sulla Piazza Rossa che la sera seguente in mutande sul campo. Al confronto Cavani ha fatto più gol e miglior figura.
Di occasioni ce ne sono ancora per questa stagione. Tra sei giorni il Napoli probabilmente conoscerà il proprio destino: prima lo spareggio con l’Udinese che varrà un pezzettino d’Europa, poi la sfida con il Siena per conquistare un posto nella finale di Coppa Italia. Fermarsi ora sarebbe, questo sì, un errore d’inesperienza. E non varrebbero mille rimorsi per annullarlo.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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