Campioni si nasce, ottimi calciatori si diventa. Un campione si distingue nei particolari, nel carisma, nello stile, nel fair play: tutte qualità che lo rendono diverso, inimitabile, a volte, persino unico. Miroslav Klose, protagonista in 3 Mondiali, è un campione autentico, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, con alle spalle una carriera longeva e luminosa, costruita a suon di prodezze. Non poteva macchiarla per un gol, seppur importante, ma comunque irregolare. Così, dopo aver toccato la palla con la mano e battuto De Sanctis, appena 2 minuti dopo il fischio d’inizio, ha ammesso la sua colpa. Con quel gol, molto probabilmente, la Lazio non avrebbe perso a Napoli, però sarebbe stato un risultato falsato con un’azione truffaldina. Sicuramente non degna di un campione del lignaggio dell’attaccante tedesco. Quando ha visto le reiterate proteste dei partenopei ha accettato l’invito del portiere a dire la verità all’inadeguato arbitro Banti. L’applauso dei calciatori avversari e del pubblico napoletano lo hanno ripagato del fair play dimostrato e l’immagine della sua ammissione ha rapidamente fatto il giro del pianeta.
In un calcio di simulatori e di ipocriti, in un mondo nel quale, ai ragazzi, s’insegna come ingannare avversari, arbitro e guardalinee, tutti in piedi davanti a uno dei pochi calciatori che riconoscono la colpa. Anche a costo di togliere un grande vantaggio alla propria squadra, poi uscita nettamente sconfitta per 3 a 0. Tra i tantissimi complimenti, che sono arrivati al panzer biancoceleste, il più importante è stato quello del presidente della Fifa, Sepp Blatter. «Bravo Miro Klose. Un gesto che ha confermato quanto, allo stesso tempo, si possa essere campioni e corretti». Una dimostrazione di assoluta lealtà sportiva che sicuramente ha aumentato le simpatie del tedesco agli occhi dei tifosi italiani e anche di quelli stranieri, perché Klose è un personaggio senza confini, applaudito su tutti i campi. Un ambasciatore del calcio e della Lazio, la società che l’ha portato in Italia, nell’estate del 2011, scommettendo sulla longevità di goleador inossidabile e implacabile.
Il tedesco ha realizzato 188 reti in 487 presenze, 177 in Bundesliga e 19 con la maglia della Lazio su 40 partite. In questo campionato ha messo nel mirino il gol numero 200 in carriera, che conta di segnare in Italia. L’avvio è risultato decisamente positivo, con 3 centri nelle prime 5 giornate. Nella nazionale, dove è considerato un simbolo, è arrivato a quota 64, secondo soltanto al mitico Gerd Muller che ne ha realizzate 68 e che spera di superare per diventare il marcatore più prolifico della storia tedesca. Miroslav, non nuovo a gesti simili, si è quasi stupito di tanto clamore attorno a quello che l’ha visto protagonista contro il Napoli. «Il pallone mi è finito sulla mano. Per me era la cosa più normale del mondo dirlo all’arbitro che non aveva visto». Questo è stato il laconico commento dell’attaccante, apparso sul sito della Federcalcio tedesca. In Germania, nel celebrare la lealtà del calciatore laziale, si è ricordato un precedente datato aprile 2005. Klose, allora bomber del Werder Brema (132 presenze e 63 reti), si rifiutò di accettare un calcio di rigore contro l’Arminia Bielefeld per un fallo inesistente. Il Werder vinse per 3-0 e a Miroslav venne assegnato il premio sportività per il suo comportamento. Ma l’episodio del San Paolo ha avuto un valore specifico molto più elevato, perché il gol avrebbe portato la Lazio in vantaggio. E sarebbe stata un’altra partita. Unica voce fuori dal coro è quella di Paolo Di Canio. «Da lui un professionista esemplare come lui, mi sarei aspettato che dicesse subito la verità, per un attimo ha pure esultato. Poi, vistosi circondato dalle proteste, ha ammesso tutto e si è dimostrato onesto e bravo».
Fonte: Il Messaggero
La Redazione
P.S.
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