Avere il prato del San Paolo ad un passo e non poterlo accarezzare. Avere le tribune a due minuti e non poterci salire. Questa è la vita di Vincenzo Cerrone. Le partite le guarda nella sua stanzetta all’interno dell’impianto, di cui è custode. Un divano, un tavolino, un televisore, una macchinetta per il caffè: poche cose, ma indispensabili. Quel 18 settembre del 2013 sembrava essere un mercoledì di Champions League come tanti altri che aveva vissuto, nei quasi quarant’anni in cui l’arena di Fuorigrotta è diventata la sua seconda casa. Invece, si trasformò in una serata da ricordare.
L’avvento di Rafa Benitez sulla panchina del Napoli, pochi mesi prima, aveva trasmesso la voglia di imporsi del club anche in campo internazionale. L’attesa dunque, per l’esordio stagionale in Champions, era altissima. L’avversario sarebbe stato il Borussia Dortmund, finalista della precedente edizione. Il San Paolo è gremito, carico di tensione, finché al 25’ non può esplodere liberamente alla rete di Gonzalo Higuain. Ma mentre i giocatori esultano insieme ai tifosi, Jürgen Klopp che è sulla panchina dei tedeschi, inveisce contro il quarto uomo per contestare il ritardo nel rientro in campo di Subotic. L’arbitro Proença non gradisce la scenata e allontana l’allenatore. Ma Klopp è furente, e non vuole avere contatti con nessuno.
“Io vidi tutto dal televisore, era arrabbiatissimo. Pensavo che sarebbe andato in tribuna centrale come succede in genere in questi casi. Invece, dopo il suo rifiuto, l’hanno portato da me negli spogliatoi. E ovviamente l’ho accolto” ha raccontato Vincenzo Cerrone a gianlucadimarzio.com. Per un napoletano, il valore dell’ospitalità è tra i principali: segno, se vogliamo, di quelle origini greche che tanto esaltavano la xenìa. “Gli ho preparato il caffè – ha proseguito il custode – poi abbiamo fumato una sigaretta insieme. Considerando come l’avevo visto in campo, è stato molto gentile e anche durante la partita è stato piuttosto tranquillo”. In pratica, come vederla con una persona cara, che poi ci tiene a sdebitarsi del favore reso: “Finita la partita mi ha chiesto di aspettarlo, disse che sarebbe tornato con una cosa. Mi portò la maglia di Marco Reus, mi ha emozionato”.
Eppure, quando raccontò quella serata singolare alla Bild cinque anni fa, Vincenzo ci tenne a fare una precisazione: era la seconda visita più bella che avesse mai ricevuto, dietro quella di Diego Armando Maradona. “Erano altri tempi quelli. Venivo ogni giorno per gli allenamenti, e tutta la squadra passava da me. Ci divertivamo molto con Diego, perché sapeva coinvolgere anche noi che lavoriamo più nell’ombra. Una cosa che non è mai successa con nessun altro giocatore” ha concluso Gerrone. Che ora si prepara a rivedere Klopp. “Durante la partita magari preparo il caffè, che non si sa mai”.
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