Il Napoli venticinque anni dopo. Da Maradona a Cavani e Hamsik. I ragazzi di Mazzarri coronano un ciclo straordinario conquistando il primo grande successo dell’éra De Laurentiis. Nella serata più bella e significativa, contro un avversario stratosferico, la Juventus, che cercava quel record di imbattibilità che nessuno è stato in grado di realizzare in Italia. E all’ultimo ostacolo, nemmeno i bianconeri ci sono riusciti: una partita nella stagione l’hanno persa, quella conclusiva, quella che assegnava la Coppa. Una partita bella e ricca, da un punto di vista tecnico, da un punto di vista tattico e da un punto di emotivo. Era la serata dell’addio di Del Piero (e forse di Lavezzi che il prossimo anno potrebbe vestire un’altra maglia); era la serata in cui i tifosi juventini di tutta Italia sono calati a Roma per festeggiare una squadra che in campionato non ha avuto rivali. Il Napoli quell’avversario lo ha studiato nel primo tempo, con prudenza, non gli ha concesso spazi ben sapendo che Pirlo e compagni sanno sfruttarli in maniera straordinaria; poi, nella ripresa, la gara si è infiammata, grazie a Lavezzi, a uno scatto bruciante che ha obbligato Storari al fallo da rigore. Lì è cominciata un’altra partita perché la Juve ha buttato in campo tutto l’orgoglio che possiede e il Napoli ha stretto i denti, ha sofferto, ha difeso quell’esiguo vantaggio vedendo il traguardo ma sapendo che l’ultimo chilometro sarebbe stato lunghissimo. Hamsik lo ha accorciato. Ed è significativo che sul trionfo napoletano ci siano quattro firme: quelle dei «tre tenori più uno», Cavani, Lavezzi, Hamsik e Pandev, autore dell’assist del colpo del ko. Sono anche gli uomini-simbolo di una rifondazione costruita in otto anni e che dopo ventidue anni consente alla squadra partenopea di portare a casa un trofeo dopo quella lontanissima Supercoppa italiana. Mazzarri, a sua volta, si è preso la rivincita col destino: qui perse la Coppa Italia ai rigori contro la Lazio (alla guida della Samp), qui l’ha conquistata, per la prima volta.
STANCHI – Si erano incrociate a Torino un mese e mezzo fa in campionato: essendo passata molta acqua sotto i ponti, la sfida fra le due squadre non poteva replicare il medesimo copione. Il Napoli che era stato travolto, doveva trovare in mezzo al campo un equilibrio più solido rispetto a quella serata; la Juventus, che ha vinto il campionato, sapeva che non avrebbe avuto la medesima rabbia e non avrebbe potuto godere delle medesime disattenzione degli avversari. Inevitabile la prudenza, in partite come queste. Mazzarri ha tenuto Hamsik più dietro per andare a prendere Pirlo e allargato i due attaccanti, Cavani e Lavezzi, per consentire gli inserimenti centrali dello slovacco. Ma il tecnico napoletano doveva evitare anche che Hamsik venisse portato troppo lontano dalla sua posizione nel tentativo di marcare l’avversario e così quando Pirlo arretrava molto il suo raggio d’azione in prima battuta andavano a contrastarlo ora Cavani e ora Lavezzi. Conte dall’altra parte doveva turare la falla aperta dall’infortunio di Chiellini. Era poi una serata dai toni e dalle emozioni particolari, con l’ultima apparizione in bianconero di Del Piero, avvenimento santificato con un apposito stemma sulla maglia. Infine c’era la stanchezza: la stagione è stata massacrante con la corsa-scudetto che ha lasciato tracce evidenti nelle gambe dei bianconeri, al pari delle numerose partite nazionali e internazionali cumulate dai napoletani. Rispetto alla gara di Torino, Marchisio e Vidal trovavano meno opportunità per gli inserimenti. La grande attenzione ha finito per limitare al minimo le emozioni nel primo tempo: un salvataggio di Storari su un colpo di testa ravvicinato di Zuniga, una respinta di De Sanctis su conclusione dal limite di Marchisio.
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