Un’infanzia difficile, superata anche grazie al calcio: una strada che lo ha condotto ad essere uno dei prospetti più interessanti del movimento italiano. Moise Kean si è raccontato, in un’intervista video rilasciata a The Players’ Tribune, in cui ha ricordato l’adolescenza e l’esordio con la maglia della Juventus.
“La strada come tutti sanno insegna molte cose: essere uomo, capire la realtà della vita e le cose che stanno intorno, nel bene e nel male. Ho sofferto abbastanza da bambino, non era facile: ci penso ogni giorno quando vado a fare allenamento, ad aver fame e andare avanti. Non ho avuto un passato come tutti gli altri ragazzi, non è stato bello. È per quello che delle volte mi metto lì e penso a ciò che ho fatto, a quanto sono fortunato ad avere tutto questo oggi. Ringrazio Dio ogni giorno. Il primo ricordo che ho del calcio è di quando ero ad Asti in oratorio a giocare, facevamo i tornei con tante nazioni. Il campo era in asfalto, se cadevi ti facevi male ma le partite erano così intense che ti dovevi alzare lo stesso.
“La mia vita è cambiata quando ho esordito con la Juventus: già da un po’ mi allenavo con la prima squadra, da un paio di settimane. A un certo punto contro il Pescara il mister mi chiede di scaldarmi, ma io non ci credevo. Il tempo stava per finire, stavamo vincendo 4-0 e pensavo ‘Ma perché non mi fa entrare?’, mi giravo a guardarlo come per farglielo capire. Avevo un po’ perso le speranze, poi all’80’ mi chiama. Io corro veloce da lui, mi batteva il cuore a mille. La cosa che non dimentico è che mentre correvo da lui pensavo a tutte queste cose. Mi hanno applaudito tutti quando stavo andando verso il mister e appena sono entrato al posto di Mandzukic ho pensato a tutte le partite giocate al Don Bosco sull’asfalto. E invece stavo giocando con Dybala, Marchisio, Buffon allo Juventus Stadium (oggi Allianz Stadium, ndr). Non ho mai provato una sensazione simile. Secondo me Dio mi ha dato tutto questo, e un po’ anche la strada”.
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