A casa in famiglia, durante la quarantena, è stato benissimo e quando è stato richiamato alla Continassa “mi è piombata la tristezza addosso. Però mi è bastato uscire con la macchina allo svincolo di Venaria perché mi si riaccendesse subito qualcosa. È stato bello ricominciare”. Giorgio Chiellini si confessa a “Repubblica”, a pochi giorni dalla ripresa degli allenamenti individuali. Il capitano bianconero non sa se e quando riprenderà il campionato, “questa pandemia ci sta insegnando a vivere il presente, ad adattarci a cambiamenti quotidiani, a ragionare su un futuro di due mesi al massimo. Avevamo comunque bisogno di ripartire, non è semplice e l’ho notato in compagni più giovani di me”. E se si ripartirà anche col campionato, bisognerà farlo a porte chiuse. “Se penso a tre mesi senza tifosi mi passa la voglia. Ci vorrà una forza mentale sovrumana e difatti mi chiedo: ma perché lo devo fare? Ma anche: e perché no? È il nostro lavoro e dobbiamo adattarci, come anche a tutto il resto”. In futuro dietro una scrivania (“non come ds o talent scout ma con un ruolo gestionale”), Chiellini ha fatto le prime prove da dirigente mediando sul taglio degli stipendi. “No, ho fatto solo da tramite – replica – La volontà era di trovare una soluzione che aiutasse il club in un momento di difficoltà e desse un esempio alla nazione, perché non è vero che noi calciatori viviamo fuori dal mondo. Non è stato facile mettere d’accordo 25 persone, ma è stato un gesto di grande maturità da parte nostra”. Fra gli attuali compagni prima avversari, il capitano bianconero ammette di essersi ricreduto su Higuain: “Conoscendolo mi ha sorpreso. È un ragazzo impegnativo perché devi coccolarlo, stimolarlo. Ha bisogno di affetto per alimentare le potenzialità incredibili che ha. Tornerà? Lo aspettiamo”. A giorni uscirà la sua autobiografia e i giudizi su Balotelli e Felipe Melo sono stati durissimi (“sono gli unici due ad essere andati oltre un limite accettabile”) mentre sull’Inter dice: “Io odio sportivamente l’Inter come Michael Jordan odia i Pistons, non posso non odiarla, ma il 99,9 per cento delle volte che ho incontrato fuori dal campo persone con cui mi sono scannato in partita, ci siamo fatti due risate. L’odio sportivo è quello che ci spinge a superare l’avversario: se gli si dà il giusto significato, è una componente essenziale dello sport”.
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