Aveva provato a vedere il bicchiere mezzo pieno. Ma dopo una settimana dal pari interno con il Cittadella, Piero Braglia bacchetta la sua Juve Stabia. Tutti in discussione, questa la sintesi delle parole del tecnico che, con pacatezza, ad onore del vero, ha analizzato il momento di difficoltà attraversato dalla squadra, chiamando a raccolta i suoi fedelissimi, quelli del gruppo storico, affidando a loro il compito di traghettare la nave verso un futuro nuovamente roseo. «Abbiamo raccolto solo un punto in due gare, probabilmente perché è quello che abbiamo meritato sul campo – dice -. Con l’Empoli si è giocato male ed abbiamo perso. E si è parlato della vicinanza con la gara contro la Fiorentina. Con il Cittadella ci siamo limitati a non buscarle dopo il loro inizio veemente. Non ci sto, così non mi piace. Ora basta alibi, non è questa la Juve Stabia che conosco io, che nei turni precedenti era andata a vincere a La Spezia legittimando il successo per buona parte della gara. Dobbiamo darci una scossa, altrimenti qui si rischia seriamente di ritrovarsi nei guai».
Da tempo il tecnico toscano predica concentrazione, però a sentire lui è come gridare nel deserto. «Certo – spiega -. Qui tutto è diventato normale. Si vince o si perde è la stessa cosa. Non va bene. Non bisogna dare niente per scontato. Dall’inizio dell’anno cerco di far capire che questo è un campionato difficile, che se si comincia a pensare ad altro rispetto alla salvezza, rischiamo davvero di retrocedere. Noi abbiamo dei valori, ma dobbiamo tornare a fare le cose che sappiamo, e soprattutto dobbiamo riacquistare la determinazione e la grinta, che sono sempre state le armi di questa squadra».
Non si nasconde, Braglia. Ammette il momento difficile, ma prova anche a guardare avanti: «Non stiamo facendo bene, è un dato di fatto, nasconderlo a che servirebbe? Personalmente ho una mia idea, so come far girare al meglio questa squadra. Ma se ti mancano tutti insieme tanti calciatori, non si può che fare di necessità virtù. I tanti moduli? Non sono quelli il problema, se qualcuno non ha voglia di adattarsi e sacrificarsi può anche andar via o semmai restare a guardare da fuori».
Dal centrocampo a tre all’intesa Danilevicius-Cellini, il tecnico va a ruota libera: «Continueremo a giocare a tre lì in mezzo, ormai è l’assetto migliore. E a dirlo è anche il campo. L’attacco? Abbiamo provato ad impiegare Danilevicius con Cellini come facevamo lo scorso anno, ma ci sono caratteristiche diverse (da Sau). Marco deve partire da destra o sinistra con un punto di riferimento centrale, Tomas fa un gran lavoro ma preferisce giocare dietro un’altra punta. Entrambi sono da lodare per l’impegno. Dispiace per Cellini, sono convinto che il gol non tarderà ad arrivare. A Firenze ha fatto benissimo».
Oggi la partenza per Terni, domani la sfida del “Liberati” contro l’ex Dianda e lo stabiese Vitale: «Ma non solo loro, hanno preso Ragusa, Alfageme… La Ternana – spiega Braglia – è squadra di primo livello. Hanno allestito una rosa importante, stanno attraversando un momento difficile, come noi sono alle prese con problemi di infortuni, non sarà una passeggiata». Per tentare la svolta il tecnico punta sui vecchi del gruppo: «Chi sta qui da tre anni deve far capire agli altri come ci si comporta in questi momenti. Sabato, ma anche questa settimana, non ho visto gli occhi che voglio io. Spero che la rabbia sia tutta in campo a Terni, e che i vecchi riescano a trascinare gli altri. Altrimenti saranno loro i primi a pagare. Mai avuto timore di lasciare qualcuno fuori, e credo di averlo dimostrato negli anni».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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