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Juve-Napoli, il nuovo derby d’Italia

La sintesi la regala Claudio che nel suo chiosco a via Chiaia prepara limonate e caffè e osserva la vita con quella vena filosofica capace di conciliare gli estremi della passione con il disincanto: «E’ come un appuntamento con una bella donna: non sai come potrà finire. Esserci, però, è già importante». Napoli è splendida, avvolta in un sole che fa brillare il mare sotto le mura di Castel dell’Ovo. In lontananza Capri illumina la bellezza di quello che Benedetto Croce, nella sua sconfinata passione per la città, definiva «un paradiso abitato da diavoli», unendo in una piccola frase orgoglio e autocritica, passione e frustrazione. Napoli racchiude le mille contraddizioni di un Sud che ha la forza tempestosa di un moto dell’anima, un posto quasi sempre a metà strada tra realtà e sogno, un posto da cui si può anche partire ma a cui, prima o poi, bisognerà ritornare. Perché ci sono tanti modi per guardare Napoli: con gli occhi oppure col cuore. Ma senza il secondo riesce difficile capire quanto una partita di calcio possa essere espressione di un sentimento collettivo. Juventus-Napoli, cioè l’appuntamento con quella bella donna che forse ti rifiuterà ma che per un attimo ti fa vivere l’illusione che oltre quell’appuntamento ci sia qualcosa di appena intravisto o solo immaginato. Perché ci può essere il Derby d’Italia (Juventus-Inter) ma questo è altra cosa: questo è il Derby dell’Italia.

ATTESA – Come dice uno scrittore napoletano dei nostri tempi, Maurizio De Giovanni, la vigilia qui si respira, si impasta con l’aria, sale dal mare come l’odore che la sera avvolge via Partenope. Basta entrare in un bar e chiedere: «Beh, come finirà?» Senza indicare l’argomento bisognoso di finale perché la risposta riguarderà, inequivocabilmente, quel Derby dell’Italia, quella rivalità scolpita nella roccia e che ora mette in palio la leadership del calcio italiano. E’ una condizione solo in parte nuova, un capitolo inedito solo nel finale. C’è il lontano ricordo di «Core ‘ngrato», lo scudetto negato al Napoli da Altafini. Ma la storia in qualche misura finì lì. Poi ci fu Maradona: ma in quel caso fu più un passaggio di consegne tra una Juventus declinante e un Napoli emergente. Ora la situazione è diversa. Questa sembra essere una rivalità destinata a caratterizzare un periodo storico del calcio italiano, a dipanarsi nel futuro, a riproporre un dualismo come fu quello tra Juventus e Inter e poi tra Juventus e Roma e tra Juventus e Milan e ancora tra Inter e Roma. Insomma: il futuro del calcio sembra viaggiare su questa lunga, immaginaria autostrada che va da Napoli a Torino, che lega realtà profondamente diverse, vite lontane, modi di interpretare la realtà difformi, in alcuni casi antitetici. Non è solo questione di calcio, ma anche questione di calcio.
SARACINESCHE – Napoli vive questa passione con l’orgoglio di una «grandeur» riconquistata, vivificata dal ricordo maradoniano ma in qualche misura affrancata dalle nostalgie. I poster di Diego, del più grande di tutti (le parole sono di Radamel Falcao che è colombiano e sudamericano come Neruda una cui poesia campeggia all’ingresso di una gioielleria a sottolineare che in questa città tutto può risolversi nella grazia di un verso, anche una prosaica attività commerciale) sono affissi alle pareti. Ma ora ci sono anche quelli di Cavani. Si attende l’Appuntamento. Alcuni commercianti immaginano di fare orario continuato, di chiudere in tempo per la partita alle 18. E, d’altro canto, non ci si può presentare in ritardo all’appuntamento con una bella donna: hai visto mai.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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