I dubbi c’erano, eccome. Ed erano tanti. Ma tutti sulla pronuncia. Un tormento il suo cognome. Spagnoleggiante che più non si può. Josè Maria Callejon Bueno. Aspirato, con la lingua che fa a pugni col palato. Per un po’, i tifosi, l’hanno chiamato in ogni modo. Poi si sono dovuti rassegnare. Hanno imparato. Pure perché al San Paolo l’urlo è stato immediato. Il primo gol stagionale è stato il suo. Con lo speaker, che da tradizione, l’ha ripetuto cinque volte almeno. Fino a sentire l’eco. Napoli-Bologna il debutto. Destro di Hamsik, Curci respinge corto e Calletì (il soprannome che facilita tutto) era già là, pronto. Un tocco e rete. La prima in azzurro. Quasi contemporaneamente a quella del fratello gemello Juan Miguel, trequartista del Bolivar di Bolivia, ovviamente. Sono cresciuti tutt’e due nel Real Madrid. Il papà aveva un banco di frutta e un tesoro di figli. Piedi buoni entrambi. E anche il fisico. José Maria (l’azzurro) quand’era a Madrid segnava e saltava sulle spalle di Mourinho. Accadde per caso, divenne una tradizione. Callejon il bomber che non è attaccante. Lucido sotto porta come capelli impomatati. Rafa Benitez ha messo in conto tra i dieci e i venti gol. E la media fin qui è già perfetta per raggiungere l’obiettivo. Quattro reti in campionato, cinque con quella del Velodrome di Marsiglia. Un’azione da partitina a Valdebebas, il centro dove si allena il Real Madrid. Intesa vecchia. Higuain gliel’ha messa precisa, da uomo assist più che centravanti. Controllo, dribbling e tiro: tutto in una zolla di campo. Callejon da complimenti: gli sms di Mourinho e l’amico Ronaldo il pensiero solito a ogni prodezza.
E’ lui l’uomo in più di Rafa. Quello per tutti i ruoli e anche gli usi. Esterno, dietro la prima punta e pure “falso nueve”, come per una decina di minuti all’Emirates contro l’Arsenal. Ha fiato, gamba e talento. E vede la porta. Sul suo nome, fu subito un plebiscito: la faccenda non era evidentemente la pronuncia. Benitez, Bigon e tutta l’area scouting decisi. Convinti. Callejon era quello giusto da 4-2-3-1. L’idea spuntò durante le prime chiacchierate di mercato tra Londra e Liverpool . Mangiando patatine fritte e cucina cinese. Un morso e un nome. Mertens in cima alla lista. Poi lui, Callejon. Dieci milioni d’euro e affare fatto col Real. Ancelotti ha giurato che l’addio era già previsto. Chissà se un po’ lo rimpiange. I tifosi pare di sì: i sondaggi dei media spagnoli così raccontano.
La partenza, fortissima. Quasi inattesa. Sembrava leggerino in ritiro. E anche molle quando a Cesena, in amichevole a ferragosto, calciò debole un rigore. Parato. Era solo una questione di preparazione. Gol subito col Bologna. Poi a Verona e dopo anche con l’Atalanta: tre su tre. Napoli ai suoi piedi. Meno al volante. La famiglia Callejon stupita dal traffico caotico e l’abilità eccessiva degli autisti napoletani. Ma Calletì sta imparando anche là. Il centro storico, i vicoli, tutto gli piace e gli ricorda la sua Spagna: Modril, Granada, là dove è nato e una notte, dopo una partita, tornò per fare lo scrutatore in un seggio elettorale. Pochi soldi, però un dovere civico. Le stelle del Real stavano a guardare: gli sembrò incredibile. Callejon da scoprire. Con quella faccia un po’ così. Apparentemente spigolosa eppure sorridente, serena, di chi sa che ha dribblato i disagi di una vita normale. E allora la felicità di chi sta bene dov’è. Senza rimpianti. Il Real è il top, è la sua squadra del cuore, è la più forte. Però ora c’è il Napoli e Napoli e vuole conoscere e sapere tutto. Anche in cucina. L’assaggio è d’obbligo in tutti i ristoranti. La selezione dei piatti preferiti quasi definitiva: pizza e crostata il menù perfetto. Tanto, poi, in campo brucia l’erba e i grassi. Callejon Bueno, di cognome e di fatto. E non solo a tavola. Bueno pure per la Nazionale. Che è un pensiero, un obiettivo, un sogno mondiale. Il dubbio stavolta ce l’ha però il ct Del Bosque. E anche questo non è ovviamente sulla pronuncia. Un anno di Napoli per convincerlo. Senza assillo. Callejon ci prova. Corsa, dribbling e gol. Una furia azzurra da fare… rossa.
Francesco Modugno per il Corriere dello Sport
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