Mi sarei stupito se l’avesse presa bene, se fosse stato misurato, ragionevole, realista, se avesse accettato serenamente la sconfitta. De Laurentiis è questo, prendere o lasciare. Di solito è lasciato da chi aveva preso: Mazzarri, Benitez, probabilmente anche Sarri. Il più tardi possibile, spero.
Un giorno proprio Mazzarri mi confidò che ogni volta che vedeva apparire sullo schermo del cellulare la scritta “presidente” andava in sbattimento. Perché il presidente è ansiogeno, è una combinazione quasi unica di simpatia e antipatia, di dolcezze e asprezze, di educazione e volgarità, tutte espresse in dosi massicce, diciamo superomistiche.
Sarri l’ha certamente inquadrato in fretta (nei primi giorni aveva addirittura immaginato che sarebbero diventati amici) perciò credo che le parole del post-Bernabeu non l’abbiano turbato più che tanto: pensandoci bene, hanno portato la tifoseria totalmente dalla sua parte facendo dimenticare per qualche istante il risultato. Che è comunque rimediabile.
Sono tra i pochissimi ai quali il Napoli di Madrid non è dispiaciuto affatto: pensavo che avrebbe perso – affrontava i campioni d’Europa e del mondo, il quattro volte Pallone d’oro e gente come Modric, Kroos, Ramos e i 90 milioni di James – e tutto sommato ha perso bene, tenendo botta in un primo tempo dai ritmi forsennati, quelli imposti dal Real, e in un secondo in cui ha anche creato tre palle-gol e purtroppo subìto due reti capolavoro. La cazzimma non c’entra.
Oggi tutti attaccano De Laurentiis, e ci sta; è diventato il nemico del sogno. Ieri, fino alle 21.30, era il presidente del miracolo Napoli, quello che aveva portato la squadra dalla C tra le prime 16 d’Europa entrando al Bernabeu dalla porta principale.
De Laurentiis non lo può cambiare nessuno: è capace di mettere le mani addosso a Reja, di dare della testa di cazzo ai presidenti di Serie A abbandonando la lega sul motorino di un malcapitato, ma anche di non accettare un 1-3 a Madrid. Per lui il Napoli vale già il Real e il calcio è una materia che conosce anche nelle periferie della tattica. Come Hollywood.
Fonte: Ivan Zazzaroni per Corriere dello Sport
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