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Italo Cucci: “Una lezione di vero calcio”

Oddio, resisto alla tentazione di cavalcare iperboli dissennate e tuttavia sì, devo dirlo: sono appena uscito da un Incantesimo e queste note sgorgano da sole. Forse sciocche. Da consumo immediato, senza meditazione. Champagne (Peppino, prestami la colonna sonora). Perché non so più che dire di Edinson Cavani, un Attila devastante però figlio/eroe dei campi verdi. Il gol è talmente nelle sue corde, nel suo magistrale repertorio, che non ha bisogno di dargli contorni spettacolari. Solo la palla, come viva, sa cosa vuole quel piede, e che basterà un tocco magico per esser messa nel sacco, alle spalle di portieri attoniti.  Tre gol, sono già sedici, ma nessun numero, nessuna statistica può fotografare il Campionissimo del Napoli.  Che a questo punto ha un solo problema: esser degno di lui, tenerlo stretto a una città che l’adora perché con i compagni riesce ad allontanare il brutto quotidiano, le tristezze malavitose, le contorte e ingenerose speculazioni dei professionisti dell’anticamorra. Ogni giorno s’alza il suo prezzo, sceicchi e magnati lo tentano per esibirlo a Londra, a Parigi, a Madrid nello scandaloso barnum euromilionario. (A proposito: a quando una telefonata di Putin?). Esser degni di lui,  questo è il problema. Ma quando vuole, quando ci mette testa, cuore e muscoli, il Napoli c’è è onora il suo Matador. Ieri sera, con fatica, davanti a una Roma sempre pericolosa, mai superiore, con il Tottissimo ridotto spesso a spettatore, tutti sono stati all’altezza, rovesciando i tristi commentari dell’anno appena fuggito. Di chi si parlava scuotendo la testa e invocando il ricorso ai saldi di stagione? Di De Sanctis, ieri sera voto nove. Di Pandev, ieri sera voto nove. Di Maggio, voto nove con gol da festa d’onore, un gol che ha strappato uno sguardo tristironico al Boemo, come se dicesse – come nello spot pubblicitario – “E daje”. E ancora bravi Zuniga, Campagnaro, bei voti in pagella e  semmai il rimprovero di non essere sempre così lucidi e pronti al sacrificio. Nessuno bocciato e applausi a quell’Hamsik che ha accettato di farsi paggio del Re uruguagio, gregario del Campionissimo. Tutto questo perché la Roma c’era e adesso non c’è più. Gran Mazzarri, fin dalla vigilia audace, aperto, sereno,  motivatore della truppa come ai bei tempi. Gran lezione di calcio italico a Zeman, a tutti. Come quel Delio Rossi che ha castigato la Juve insegnando a tutti che non esistono indomabili e lo scudetto è a disposizione. Basta non dimenticarsi del proprio blasone, di esser figli della stagione di Maradona e fratelli di Edinson  Cavani. Er più.

Fonte: Il Roma

La Redazione

M.V.

 

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