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Italo Cucci: “Un ko immeritato ma è tutto in gioco”

Il Napoli ha perso tre punti ma non la possibilità di arrivare a battersi per lo scudetto. Con l’Inter – a meriti equamente divisi – ha giocato una delle sue più belle partite: per generosità e coraggio, nonostante sia stato tradito da un Hamsik fuori gioco e dalla solita difesa che si fa pollare sui tiri piazzati. Mutuando uno slogan fesso in politica ma significativo in campo sportivo questa è una sconfitta definibile una non vittoria. Magra consolazione – direte – ma fatemi capire cosa volere di più da una squadra che parte sotto di un gol dopo otto minuti e passa il resto dei novantacinque minuti ad assediare l’avversaria che tira fuori tutte le sue virtù provincialissime – e non si lamenti Stramaccioni: è virtù – esibendo una difesa superba con Juan Jesus che non fa rimpiangere Samuel e un Guarin che da goleador si trasforma in iradidddio. Il Napoli non s’è mai arreso, neanche quando l’arbitro Rizzoli ha concesso all’Inter la licenza del dubbio su alcuni falli di mano in area: in un confronto fra grandi il Napoli non ha ceduto il diritto di inseguire la Juve e il secondo posto sottrattogli dall’Inter non cambia nulla, propone solo a Mazzarri l’occasione di rivedere qualche dettaglio. A cominciare dalla posizione di Hamsik che – l’ho detto in settimana – sarebbe stato più utile, più libero, più pericoloso se avanzato al fianco di Cavani mentre Insigne – il migliore degli azzurri – era libero di esprimere il meglio di sè, ovvero di impossessarsi dei palloni più interessanti e fruttiferi per gli avanti. Insigne va applaudito e liberato, voglio dire liberato dai complessi d’inferiorità davanti ai compagni più famosi: Cavani l’ha rimproverato a torto (era il 18’) per aver tentato un gol ma il ragazzo non s’è lasciato mortificare e ha continuato a battersi con grande efficacia. L’Inter ha avuto il vantaggio di poter ricavare qualcosa di buono da tutti i suoi, indistintamente, compreso il Cassano che, infortunato, ha lottato con tutte le forze prima di arrendersi; aveva un uomo in ombra, Milito, a digiuno da quattro partite, e Milito ha segnato il gol più pesante, spezzando il lungo periodo d’assalto degli azzurri, tornati al…quasi gol dopo pochi minuti con l’eterno Insigne. Lo spirito del ragazzino ha contagiato i compagni fino al gol di Cavani nato da una mischia furibonda che esprimeva la rabbia di un Napoli ingiustamente sotto di due gol. Una cronaca fastosa, degna di uno spareggioscudetto, ha lasciato a Mazzarri, che poco ha sbagliato tatticamente, l’amarezza di quel primo gol nato dall’insistente incapacità della difesa azzurra di proteggere De Sanctis sui tiri piazzati. Tutti vorrebbero a gennaio un attaccante, insisto per un difensore o un grosso centrocampista capace di proteggere la difesa al fianco di un Behrami fortissimo nel rompere il gioco avversario – come Britos peraltro. Torno su Hamsik perché s’è perduto come gli accadde con la Juve e questo è il pensiero personale che oppongo alle scelte di Mazzarri: un calciatore della sua classe dev’essere libero di inventare, di costruire, di seminare il panico in area altrui, di segnare. Non è un caso che il ruolo scelto per lui di centrocampista avanzato sia giusto soltanto contro avversari tecnicamente e agonisticamente inferiori. Diversamente dall’Inter, con tutti gli uomini positivi anche dopo le sostituzioni, al tirar delle somme il Napoli ha giocato con qualche titolare in fase negativa, a partire da Inler, forse l’unico mai entrato in partita; degli altri, chi ha commesso errori l’ha fatto perché una volta di più la partita è cominciata in salita. Nulla è dunque perduto, fuorchè i punti lasciati a un’avversaria che l’ottimo Stramaccioni ha dotato di una personalità aggressiva e cinica. All’italiana.

Fonte: Il Roma
La Redazione

M.V.

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