A Napoli non si può pronunciare la parola scudetto. Ma Mazzarri ha fatto chiaramente capire che quest’anno o lo scudetto o nient’altro. La totale rinuncia alla partecipazione all’Europa League significa chiaramente che il club azzurro non ha nessuno interesse a perdere tempo ad una manifestazione europea dedicandosi solo al campionato. Potrebbe sembrare un approccio ironico, questo, ma sottintende una realtà desolante: girare l’Europa, prima a Eindhoven, e poi a Dnipro, beccando qua e la tre gol alla volta, dovrebbe indurre ad un pudico rossore. Ma sono sicuro che Mazzarri, potenza dialettica (!), saprà spiegare anche questa disfatta. Bisogna capirlo: sta arrivando il Chievo e la squadra titolare ha bisogno di riposarsi per non correre alcun rischio. Dopodiché si mandano in campo giocatori che hanno un curriculum interessante e meritano attenzione ma non tutti insieme disperatamente. Aronica, Zuniga, Dzemaili, Insigne, sono tutti bravi se vengono inseriti nel corpo della squadra principale. Mettendoli tutti insieme, e solo dopo tre gol, pentirsi della scelta, è cosa che fa a pugni con la logica calcistica. Che gusto ci sia a vedere Cavani che realizza il rigore del 3-1, dopodiché, mettendocela pure tutta, non riesce a cambiare il risultato negativo. È cosa che dovrebbe indurre pure il presidente De Laurentiis, uno che ci tiene alla buona faccia del Napoli, a concordare con il suo allenatore una diversa disciplina: perché, per fortuna, grazie agli altri risultati del girone, la squadra non è ancora fuori. E se prendesse seriamente i prossimi impegni con i titolari potrebbe raggiungere un risultato importante. Molti, anche a Napoli, dopo la sconfitta subita a Torino, hanno cominciato a pensare che il secondo posto sarebbe comunque una soddisfazione. Non sono di questa parte pessimista, credo ancora che il Napoli abbia ampie possibilità di giocarsi il campionato, ma non può andare avanti procurandosi questi momenti di depressione episodica nel Continente, che finiscono poi per pesare in maniera decisa sul rendimento della squadra. Sono decenni che vado dicendo: “vincere aiuta a vincere”, con l’ovvio corollario che “perdere aiuta a perdere”. I migliori allenatori del mondo non usano il turn over selvaggio che vedo prolungandosi sin dai tempi, in parte dolorosi, della Champions. Ieri sera, per esempio, l’Inter di Stramaccioni ha vinto la sua partita ai migliori affidando il gol decisivo a Palacio che non è uno sconosciuto ma un giocatore di prima livello. Aveva accanto Cassano, l’uomo delle meraviglie, e Coutinho, il ragazzo del futuro. Così si gioca, e così si fanno – pensiero dedicato a De Laurentiis – i grandi film. Non con le controfigure.
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