Faceva caldo, a Catania, ma siccome Napoli non è in Siberia, devo pensare che la sudarella di Mazzarri fosse motivata da stress per incazzatura. Succede. Succede quando vuoi abbattere un tabù storico (il Nuovo Napoli che a Catania non vince mai); quando prendi per oro colato il largo successo sugli svedesoni dell’Aik e la tripltta di Vargas; quando l’avversario si ritrova in dieci e si fa gigante nella sventura; quando Cavani – chissà da chi malconsigliato – decide di sfidare il Papà- Nonno Diego Armando Maradona, che sarebbe meglio dimenticare negli atti quotidiani essendo le sue gesta irripetibili (e fatemi dire che il premio di calciatore del secolo attribuito a Pelè a Montecarlo è solo una bufala del vecchio amico Caliendo). Fra due giorni c’è Napoli-Lazio, prima partitissima della stagione, è sarà bene riassumere, per l’occasione, l’antica quanto gagliarda prudenza (non ridete: a volte per esser prudenti ci vuole coraggio, soprattutto quando i qualunquisti invocano sconquassi offensivi). La lezione di Catania – dove fa sempre bella figura l’esule napoletano Lodi – non vada perduta. Piuttosto, va ritrovato Inler. Il campionato s’è sciacquato la bocca. Ha risposto a Stramaccioni che aveva considerato la qualifica di “provinciale” alla stregua di un insulto. Rivelando quanto sia vero, importante, addirittura “culturale”, il Provincialismo del nostro torneo, affermando sul campo che è, se non tramontato, almeno in discussione il primato di gioco e di punti delle cosiddette Grandi. Oggi, dopo l’esibizione di Londra e la piana vittoria sul Chievo (che fortuna avere…riscoperto Quagliarella) l’unica grande per definizione sembra essere la Juventus che non perde in campionato da quarantatre turni. E si candida per la stessa qualifica il Napoli, non solo per il suo comportamento in campionato ma anche per essere riuscito a battere la Juve nella finale di Coppa Italia, unica sconfitta nell’aurea gestione di Conte. Lo stesso Napoli si pone curiosamente al centro del dibattito perché vince sicuro quando gioca da provinciale (leggi contropiede) e fatica invece quando cerca di dominare la partita con sicumera, esibendo una tattica smargiassa che a Catania lo ha visto imbattuto solo perché De Sanctis ha parato quel che non hanno parato Abbiati e Handanovic. Inter-Siena, Udinese- Milan e Catania-Napoli vanno viste e lette all’insegna del puro velleitarismo che i commentatori breriani chiamavano qualunquismo: attacchi, attacchi all’arma bianca e gli altri ti infilano, siano l’esperta Udinese del prof Guidolin o lo scaltro Siena del coraggioso Cosmi; il Catania, in dieci, non poteva forse far di più ma ha messo a rischio le coronarie del combattivo Mazzarri che alla fine ha ammesso gli errori e comunicato di avere tradito la classica difesa a tre, passando a quattro per salvare il risultato (il che dimostra, fra l’altro, che i moduli sono spesso chiacchiere e che si gioca tenendo conto anche dell’avversario, alla faccia delle teorie sacchiane). Mazzarri esprime umiltà, Stramaccioni esibisce sicumera dialettica, Allegri ammette le evidenti difficoltà alle quali sopravvive perché sarebbe folle imputargli il ridimensionamento di un Milan svuotato di Top Players, come si dice adesso, ma soprattutto di guerrieri: bello sentirgli rimpiangere la stagione dello scudetto che non piacque a tutti (in particolare a Berlusconi, si dice) per l’impiego dei Tre Mediani. Fu l’apoteosi del calcio all’italiana che forse Stramaccioni – nonostante gli studi – non ha ancora capito (e magari si ripassi le lezioni di Helenio Herrera e, perchè no?, quella di Mourinho il Catenacciaro) e che Mazzarri ben conosce ma ogni tanto è tradito dalla presunzione dei suoi e dalla sua imprudenza: vedi in campo Pandev, Cavani, Insigne e Vargas, nonchè esterni e mediani propensi all’offesa, e per la prima volta non nasce un gol. Ecco una domenica di scuola, pochi gol ma belle lezioni di calcio: ne tragga le dovute conseguenze anche Gasparini, ferito all’esordio dalla Dea del contropiede, l’Atalanta già vista punire il Milan a San Siro; temo che avesse ragione Zamparini quando ha detto che il Palermo rischia la retrocessione: se gioca così, l’incubo B può diventare realtà.
La Redazione
M.V.
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