Italo Cucci: “Ma c’è tempo per rinascere”

C’è qualcosa d’eroico nell’impresa del povero Bologna sul campo del grande Napoli. C’è un insieme di prodigi nati dall’abnegazione del gruppo e dallo spirito di rivalsa di un uomo, Portanova, che ha contagiato la squadra come se al San Paolo quel gruppo di rossoblù spiritati si giocasse l’ultima partita. E il Napoli si è trovato ad affrontare l’impossibile, fin dai primi minuti, da quel primo gol di Gabbiadini che tuttavia sapeva soprattutto di beffa, com’era successo a San Siro con Guarin; e invece si stava preparando qualcosa di incredibile e ne aveva dato l’annuncio – non colto a dovere – il gol annullato a Gilardino al 22’. Non sembrava il Napoli vero, quello che Pioli andava strapazzando tatticamente scatenando Diamanti e soci strapotenti anche sul piano fisico/agonistico. Poi tutto è tornato nella regolarità: già, non poteva esserci, una storia così, una storia dell’orrore che piano piano il popolo del San Paolo andava spiegandosi mentre riconquistava fiducia, sicurezza, forse anche sicumera. E bravo Insigne per Gamberini, pareggio sospiroso; ed ecco il Matador con uno dei suoi bellissimi gol: vantaggio azzurro e fine dell’incubo. Il vecchio amico Bologna stava trasformandosi in frastornante quanto odioso avversario ma la spinta di Mazzarri aveva avuto la meglio sulle mosse coraggiose, audaci, quasi suicide di Pioli che aveva annunciato attacco e vittoria e sembrava un folle. I suoi giocatori gli hanno creduto e dopo una lunga e umiliante serie di sconfitte hanno rovesciato sul campo muscoli e cuori, prima affidando a Kone – il pallino permanente del tecnico – il gol del pareggio, immagini da antologia che hanno ferito i tifosi di Fuorigrotta e preparato un silenzio infelicissimo fissato per il resto della serata dopo tre minuti, quando Portanova ha portato con il suo gol d’anima l’amarissima conferma della sconfitta. E alla fine vien da chiedersi perché?. Anch’io che il Bologna lo conoscevo bene non riesco a capacitarmi di una così potente e inattesa esibizione se non mettendo insieme le tessere di un puzzle ch’è andato costruendosi col tempo, con troppe partite perdute “giocando bene”, e su quel “bene” ironizzavo, raccomandando barricate provinciali. Le stesse che forse s’aspettava Mazzarri. e credo che questa sia la chiave di lettura dell’incredibile sconfitta, nata perché all’avversario tutti erano disposti a concedere quel minimo d’attenzione che non si nega a nessuno e niente più; mentre i bolognesi avevano dentro il fuoco della battaglia promesso a una città ormai delusa, a un pubblico scaricato dall’amarezza, agli stessi ultrà che ormai non avevano più fiducia neanche in Diamantinho, il gioiello che vorrebbe esser rossoblù per sempre e invece sarà destinato ad altre sponde, prima o poi. Ne avevo parlato, a Napoli, ma non ho fatto effetto. Il calcio permette spesso grandi imprese agli umili castigando i potenti, ma il Napoli non meritava una così agghiacciante sorpresa, i suoi gol li aveva fatti, il suo Insigne l’aveva esibito, il suo Cavani s’era offerto una volta di più all’applauso. Niente. Era da aprile che gli azzurri non perdevano al San Paolo. Ma niente è perduto: ripeto quello che ho scritto all’indomani della sconfitta di San Siro. Mentre il Bologna continuerà a tessere la tela della salvezza, il Napoli ricaverà da questa serata incredibile una lezione d’umiltà che si sposa a una necessaria attenzione difensiva che è mancata nel primo tempo eppoi dopo il sospirato vantaggio. Se c’è un problema di difficile soluzione, oggi, è la gestione di questa sconfitta, del momento difficile di Cannavaro. Mi è dispiaciuto sentire un Mazzarri quasi disposto alla resa. È solo dicembre, maggio è lontano. C’è tempo per rinascere, per studiare come evitare i gol a freddo. C’è tempoi anche per il mercato di gennaio. Ricordate il mio slogan? Qui ci vuole un difensore di qualità.

Fonte: Il Mattino

La Redazione

M.V.

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