Chiusa l’avventura d’Europa mi auguravo un periodo di salutare silenzio. Invece. L’ultima intervista di Prandelli gira insistente nell’etere e ha l’amaro sapore di un lascito testamentario. Perchè quando il CT fa capire che lega la sua permanenza sulla panchina della Nazionale a un radicale cambiamento degli usi e costumi, pretendendo spazi azzurri più larghi per collaudare il suo nuovo modulo, definito anche Nuovo Calcio, spazi che non avrà per ormai immutabile struttura del campionato, è come se dicesse: «Amici, mi dispiace, fra poco me ne vado». Già si parla della Supercoppa Juve-Napoli che si giocherà a Pechino a ridosso dell’amichevole Italia-Inghilterra come di un attentato all’autonomia della Nazionale: mi sembra una polemica oziosa, la prossima Italia dovrebbe lasciare a riposo gli “europei” e convocare facce nuove, a partire dai tre gioielli “pescaresi” Verratti, Insigne e Immobile, da Destro e altri giovani promettenti. Che non mancano. Detto questo, lasciamo perdere (oggi doloroso modo di dire) certi discorsi tipo: ho presentato la stessa formazione per non amareggiare chi ci aveva portato fin qui. Bene: a parte il fatto che l’Europeo lo ha giocato con una quindicina di giocatori tutti ugualmente meritevoli, si tratta di capire se Prandelli ha affrontato la finale per vincerla o solo per partecipare. Decoubertinianamente. E una volta sconfitto con un risultato vergognosamente inedito, eccolo gioiosamente annunciare che «bisogna saper perdere» e dichiarare la morte del catenaccio. Dall’alto della mia esperienza (non geniale, per carità, ma solo antica) mi piace ricordare che abbiamo vinto l’Europeo del 1968 perché per la ripetizione della finale il saggio Valcareggi ebbe il coraggio di rivoluzionare la squadra: tolse due juventini, Anastasi e Bercellino, sostituendoli con due interisti, Mazzola e Guarnieri; non solo: fece “saltare” anche Ferrini e Castano, Juliano, Lodetti e Prati, stanchi o acciaccati, e scelse di giocare con Zoff, Burgnich, Facchetti; Rosato, Guarneri, Salvadore; Domenghini, Mazzola, Anastasi, De Sisti e Riva. Vincemmo 2-0, gol di Anastasi e Riva. Rivoluzione perfetta. Scelta tattica pure. E quando parlate di catenaccio – tutti – fate in modo di sapere quel che dite. È solo calcio, ma un po’ di cultura servirebbe. A ogni livello.
Fonte: Il Roma
La Redazione
M.V.
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