Caro Mazzarri, pur con incrinata stima e traballante amicizia, si lasci dire una cosa: ma vada a quel paese, là dove i Puntigliosi sono in perenne lite con gli Ostinati e alla fine chi vince comunque perde. Per eccesso di narcisismo – adesso si dice autostima – di carattere – alias arroganza – e di inesperienza. Qui la volevo: solo un allenatore inesperto (e peraltro bravissimo nel suo giardinetto) può avere paura di affrontare tre tornei insieme: il Campionato, la Champions e la Coppa Italia. Solo un condottiero inesperto può decidere di buttare a mare una guerra per concentrarsi su due battaglie. Aveva già compromesso il Campionato con lo sciagurato turnover iniziato sul campo del Chievo per dedicarsi anima e corpo a ManCity, Bayern e Villareal, e adesso ricomincia la dolorosa solfa per risparmiare i suoi poveri ragazzi in vista del confronto di Coppa Italia con il Siena, dico il Siena. Risparmiare Cavani a Marassi è stato un delitto, perché Cavani oggi è il miglior calciatore d’Italia, più forte dello stesso Ibrahimovic, e s’è visto com’è cambiata la partita appena l’ha fatto entrare, con un’ora di ritardo, dal 3 a 0 al 3 a 2 e il rischio di pareggiare o vincere se non fosse che ormai il suo bellissimo e potentissimo Napoli è stato disinnervato, portato sull’orlo della depressione. Per i distratti la caduta del Napoli a Genova è solo l’ultimo punto di una sequenza negativa. Guardano il calendario del campionato e scoprono che alla fine d’agosto, alla prima giornata, gli azzurri avevano rifilato al Genoa sei golloni – Cavani, Hamsik, Cavani, Pandev, Gargano e Zuniga, Signori Grandi Firme – prendendone invece tre alla prima di ritorno. I più attenti e fedeli – ahinoi – sanno invece che il cappotto azzurro è stato servito ai rossoblù del povero Malesani al San Paolo , nel recupero dello sciopero del 21 dicembre, ultima partita dell’anno passato, e il crollo è arrivato appena un mese dopo, registrati la bella vittoria di Palermo e i pareggi con Bologna e Siena. E la vittoria di Coppa Italia sull’Inter che andava a smentire l’ultima levata del Mazzarripensiero, quella cioè di avere per le mani una squadra da settimo posto perché dotata del settimo monte-ingaggi. In oltre mezzo secolo di carriera non avevo mai sentito una belinata del genere (scusi Mazzarri, ma sono sotto influssi genovesi) talchè mi è parso che la rovinosa caduta di Marassi fosse tutto sommato utile a confortare il disgraziato paradosso. In verità, l’ironia è pronta a cedere il passo all’invettiva. Perchè in sei anni d’attenzione operosa dedicata al Nuovo Napoli di Aurelio De Laurentiis, passando dalla felice stagione di Edy Reja alla sua, non mi era mai capitato di registrare un andamento così fallimentare, naturalmente in relazione alla bellissima squadra che è stata costruita per affrontare da protagonista la Serie A e la Coppa dei Campioni. Non fu così drammatico neanche lo sfortunato battesimo del mare sulla “Concordia” con quella festa che fu prologo di disastri e tuttavia motivo del suo arrivo a Napoli dopo la cacciata di Donadoni.
Non è vero – come in un eccesso di stizza ha detto il presidente – che il vecchio Napoli non ha mai vinto niente, è tuttavia verissimo che è arrivata una rinascita lungamente attesa e invece di coronare l’ascesa con la conquista di qualche storico titolo sembra vedere che ci si accontenti di collezionare episodi trionfali: come entrare a far parte della Champions, come battere le grandi fregandosene di prenderle dalle piccole, e via dicendo. L’altra sera, a Milano, nel corso del Gran Galà del Calcio, ho incontrato Edinson Cavani e non esito a confessare che ho provato una certa emozione a far quattro parole con un campionissimo all’altezza di altri conosciuti nel tempo. Dico di Cavani, potrei aggiungere Lavezzi e Hamsik, tutti insieme i miei Tre Tenori: e chi ha certi giocatori deve vincere, vincere, vincere. Il resto, caro Mazzarri, è l’alibi di un duce immaturo.
Fonte: Il Roma.net
La Redazione
M.V.
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