Vincere aiuta a vincere. Il Napoli è uno dei grandi protagonisti del campionato e non deve nascondersi ma puntare al massimo obiettivo. Quando l’azzurra macchina da guerra entra in azione è irresistibile. Quando là davanti s’accende la luce, è spettacolo. Non c’è altra squadra capace di tanto. Anche – e soprattutto – dopo avere sbagliato e concesso all’avversario il doppio vantaggio, lì vedi esplodere la potenza naturale di un gruppo che Mazzarri ha allevato per la vittoria, un pugno di valorosi che va in confusione e si abbatte solo quando, per fumose strategie, smobilita la santabarbara. Si era già visto con gli ucraini che, convinti di aver vinto, sono stati affondati dal più grande attaccante del torneo, Cavani: il Matador è sì uomo di gruppo, quello dei Tre Tenori che offre assolo e romanze squisite, ma è anche un killer solitario, come si è visto a Genova quando ha infilato il suo gol ai rossoblù in un momento difficile, preparando la svolta, introducendo orgoglio e certezze di lì a poco tramutate in gol da Hamsik e Insigne. Dopo il gol di Marekiaro, un’esplosione di classe e potenza seguita da un festival d’allegria che lo ha associato all’anagrafe napoletana (benvenuto al Sud), ho visto Mazzarri portarsi una mano al cuore: ho temuto un attimo di abbandono, ho realizzato invece che l’incendiario condottiero voleva soltanto esprimere un forte sentimento senza sbracciarsi o “pazziare” nel ristretto spazio assegnatogli. E finalmente Insigne, interprete di un felice contropiede quasi lavezziano, ha chiuso il conto facendo sentire alla Juve, all’Inter e all’arrembante Fiorentina ch’era riuscita nel provvisorio sorpasso, il canto ammaliante delle sirene napoletane. Tutto il resto è cronaca di una giornata emozionante, quasi una recita preordinata da una regìa cinica, disposta a concedere per lo spettacolo sprazzi di superiotà e momenti di gloria a un avversario abbonato alla sconfitta: il Genoa ha sfiorato il miracolo fra lo stupore degli osservatori pronti a cantare il deprofundis per un Napoli suicida in quell’uno-due fra Mesto e Bertolacci; poi qualcuno ha detto «adesso facciamo sul serio», poi Cavani s’è rimboccato le maniche – immagine che uso nel ricordo del grande Valentino Mazzola – ha lanciato il grido di guerra e, appena è entrato in campo Inler, ha rivelato tutta la forza prima contenuta per qualche inspiegabile leggerezza che il Genoa disperato non poteva perdonare. Ora che l’Inter ha acquisito una stramaccioniana quadratura (passatemi l’immagine avventurosa) il Napoli può fregiarsi del titolo di Squadra Pazza. Ma incontenibile. Il povero Delneri – ormai quasi in gara di vinciperdi e ciapanò con il supersconfitto Ciro Ferrara, e domenica è derby – ha assaggiato l’elisir della rinascita ma alla fine ha visto i suoi avviarsi dolorosamente impotenti verso la quarta sconfitta realizzata nei modi e nei gol (fatti e subiti) dal suo predecessore De Canio con la Roma di Zeman. E adesso tocca al Milan umiliato dalla Fiorentina, quarta forza del campionato, presentarsi al San Paolo. Ci si aspetta un altro capitolo di una storia felice e emozionante. Dedicato a Mazzarri da chi lo apprezza da sempre e lo critica quand’è necessario. Con tutto il cuore.
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