La vittoria sul Sassuolo è importante oltre i tre punti che servivano come il pane. Perché è una presa di coscienza. Perché è una prova di umiltà. E l’umiltà è l’unica medicina che può guarire questo Napoli. Finalmente una provinciale trattata come meritava, riducendo al minimo la smania di gol ch’è parsa – soprattutto con il Palermo, ma anche in occasioni del passato – più una voglia di esibire potenza e qualità che una seria intenzione di cogliere risultati preziosi per la classifica e per la caccia ai sogni non ancora distrutti. Resiste, nel tecnico e forse anche nella squadra, la imprudente passione per il Bel Gioco, ma a Reggio Emilia – dove gli azzurri hanno trovato più generoso e innamorato sostegno che al San Paolo – gli stessi giocatori hanno gestito il confronto con massimo pragmatismo, senza dare agli avversari la sensazione di spreco e dissoluzione che li aveva illusi. Ecco il Napoli “scollato” e dissipatore, mettiamolo sotto – si devono essersi detti Di Francesco e i suoi, convinti di acchiappare il successo – e sono stati beffati dall’atteggiamento composto del Napoli forse scambiato per paura. E invece era semplicemente prudente realismo. Il bel gol realizzato al 27’ da chi parla spagnolo – perfetta imbeccata di Higuaìn per Callejon – è stato portato con qualche raro spavento fino all’intervallo, fino allo spogliatoio dove evidentemente il tecnico ha suggerito di difendere coi denti il vantaggio, decidendo – ma è una suggestione del tutto personale – di affidare non ai singoli pregiati ma al collettivo l’atteggiamento giusto per arrivare alla fine senza troppi affanni provocati dai soliti errori, finalmente identificati e corretti. Tant’è vero che le sostituzioni impegnative di Hamsik, Higuaìn e Gargano, in altre occasioni perniciose, non hanno provocato sbandamenti e consentito a De Guzman, Zapata e Jorginho di non farsi vittime del solito pericoloso turnover. Non è neppure sorta l’abituale necessità di rimpiangere l’assenza di Mertens. Mi si dirà che il Sassuolo è parso ben poca cosa (a parte quella maligna traversa dell’85’) ma non è vero: la verità è che i piani di Di Francesco sono stati sconvolti, il mitico Zaza è stato ridotto all’impotenza, l’efficace tenuta di palla del Napoli, non pleonastica come in passato, ha rivelato agli emiliani una sicurezza mai prima esibita che li ha inebetiti. La prova di Gargano e compagni ha aggiunto ai tre punti un dettaglio non trascurabile: gli azzurri si sono battuti per se stessi e per il tecnico con piglio deciso, inedito, segno che la crisi incipiente era stata intesa e affrontata. Magari anche risolta. Si dice fin troppo spesso “tutti per uno, uno per tutti”: l’impressione è che stavolta non lo si dica a vanvera. Forse è troppo presto per dire che la nottata è passata e per immaginare che il prossimo impegno al San Paolo con il Torino – preceduto dall’impegno di Europa League con lo Slovan di Bratislava – confermi tutto quanto di positivo s’è visto ieri: ma la lezione – chè di questo si tratta – non andrà dispersa. Ribadisco il concetto dell’umiltà, che non ricorre nel Credo dei tecnici integralisti come Benitez e tuttavia importante per non lasciarsi frastornare e scoraggiare dal passo veloce e sicuro di Juventus e Roma: già domenica le due perfettissime, incontrandosi sul campo, potranno esibire qualche debolezza. Solo allora il Napoli potrà tentare di dimostrare a se stesso e ai suoi critici di non esser debole come l’hanno rivelato la partita con il Bilbao e i tre infelici confronti di campionato con Chievo, Udinese e Palermo.
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