Avete visto l’occhietto furbo di Didier Drogba quando, al centesimo minuto, s’è dato morto per perder tempo? Sceneggiata mirabile e indegna – direte – del rinomato fair play anglosassone. Ma che conta? EE’ l’immagine che più ricorderò della Battaglia di Stamford Bridge: Un’immagine poco eroica ma significativa: il Napoli è stato battuto con le armi sovente attribuite al calcio italiano, furberia e catenaccio. E così la partita l’ha vinta Roberto Di Matto, l’italiano prestato agli inglesi, brillante sostituto del pallone gonfiato Villas Boas che al San Paolo aveva illuso la Banda Azzurra. Di Matteo ha resuscitato i morti – in realtà contestatori e pugnalatori del tecnico portoghese – e gli ha illustrato l’arte italica del catenaccio, chiedendo in particolare a Tierry e Lampard di farsi maestri d’intelligenza e generosità, affidando a Sturridge e Drogba l’impeto e l’assalto che hanno prima gelato e poi ferito il Napoli. Dico subito dei vincitori perché gli azzurri sono stati messi sotto – (vedetela da parte Chelsea) da un pugno di eroi che forse pagheranno cara la lunga notte di Stamford Bridge, i mille ripetuti assalti respinti con coraggio e bravura da un De Sanctis talmente impegnato a salvar la porta che alla fine pareva frastornato da tanta carica agonistica. E con lui, un gruppetto ansioso ma mai domo guidato da Aronica. Zuniga, Gargano, i gregari sospinti da una forza d’animo che invece è mancata – lasciatemelo dire – ai rinomatissimi tenori: Cavani il meglio l’ha dato in un recupero da difensore verso la fine del match, Lavezzi non ha mai trovato una spalla adeguata per isuoi slanci offensivi, Hamsik ha lavorato molto ma s’è presto capito che al Napoli era venuto a mancare il meglio, vale a dire quel Maggio che aveva vivacizzato la manovra degli azzurri nella prima fase del gioco: l’hanno fatto fuori malamente, una pedata assassina l’ha spedito in panchina e il Napoli s’è sgonfiato. Pochi istanti e il gol bellissimo di Drogba, inizio di una drammatica caccia al gol prezioso che finalmente riusciva a Inler a inizio di ripresa. Poi basta. Abramovic aveva visto bene sostituendo Villas Boas alla vigilia del match decisivo di Champions: Di Mattreo ha rispolverato tutta la sua cultura e natura italica, ha realizzato un catenaccio intelligente, ha esibito un contropiede che i vecchi del Chelsea – intelligenti e navigati – hanno applicato alla grande. Sì, sembravano italiani. E i gol gli son venuti facili nonostante l’eroica difesa di De Sanctis, così come han saputo spegnere con sicurezza gli attacchi poco convinti dei tenori senza voce. La cronaca è un triste corollario di una partita ch’è stata comunque grandiosa per l’impegno agonistico, per i continui ribaltamenti di fronte, e il Napoli può andar orgoglioso di avere esibito in una delle più nobili arene d’Inghilterra la sua abnegazione non sostenuta, per l’occasione, dalla classe che l’ha fatto oggetto di tanta ammirazione. Non c’è stata paura, negli azzurri, ma consapevolezza di trovarsi davanti ad avversari del tutto diversi dai fantasmi di Fuorigrotta. All’andata ci siamo illusi di aver chiuso la pratica per inconsistenza del Chelsea ma è bastato un maestrino di casa nostra – e l’orgoglio dei vecchi combattenti come Lampard, Terry, Drogba, Essien, per azzerare le ambizioni napoletane. Non ho appunti da rivolgere a Mazzarri, travolto da eventi più grandi di lui. E alla fine – una fine senza lacrime né lamentazioni furbastre – archivierò la sfida al Chelsea fra le pagine più significative della vicenda azzurra. La battaglia di Stamford Bridge è comunque una pagina di storia del piccolo grande Napoli partito dalla C e approdato in Coppa dei Campioni. Da domani – da subito – caccia orgogliosa all’Europa sui fronti di Coppa Italia e Campionato.
Fonte: Il Roma.net
La Redazione
M.V.
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