L’ultimo grido della moda giornalistica nostrana in Polonia – mentre s’avvicina l’ora decisiva del confronto con l’Irlanda di Trapattoni escludendo “biscotti”, quindi da vincere – è proporre Ignazio Abate al posto di Christian Maggio. Per fortuna l’invito a Prandelli non ha connotati… nordisti, vista che Ignà è campano di Sant’Agata dei Goti, ma certo si nota una voglia matta di azzerare i contributi napoletani (tanto De Sanctis è solo secondo di Buffon). E pensare che se don Cesare avesse convocato Paolo Cannavaro non avrebbe avuto problemi con la difesa “a tre”. Ma non voglio far polemica e vado rapidamente ai pensieri di giornata, ai presunti “chiarimenti” che molti attendevano dal Ct. Bravo lui. Evviva Prandelli. Ha detto tutto, non ha detto niente. «A me piace tanto parlare di calcio, di tecnica e di tattica con voi, e non mi tirerò indietro». Ma a Poznan – luogo dato a rivoluzioni significative – nulla abbiamo saputo della ventilata rivoluzione. Balotelli? «Sta molto meglio». Bene: come avevo previsto, non è ancora salito sull’ambulanza che già sabato avrebbe dovuto portarlo direttamente a Concesio Bresciano secondo pio desiderio della collettività mediatica. E il ritorno del modulo “a quattro”? «I cambiamenti tattici di cui parlate sono legati alle scelte che farò». Insomma: sabato qualcuno aveva visto in allenamento De Rossi giocare un po’ a centrocampo e subito era nata la difesa a quattro con il giallorosso finalmente nel suo ruolo. A me sarebbe piaciuta assai, questa mossa, ma non ho preso sul serio le anticipazioni perché in linea di principio Prandelli è uno che certe ponderate scelte non le rivela certo ai cronisti che stanno a bordo campo. E infatti: «Spero che vorrete lasciarmi il vantaggio – ha detto ieri – di tenermi fino in fondo le mie idee e scelte». Non l’ha detto – è un tecnico giovane – ma questa si chiama pretattica e quando hai davanti Trapattoni che è uno di quelli che l’hanno inventata (il maestro era Oronzo Pugliese) devi tenerti – ecco che perla ha usato il ct – “abbottonato”. Una veglia d’armi secondo norma, secondo italico costume del mistero – si fa per dire – prima delle partite decisive. L’importante, secondo me – ma sono in perfetta sintonia con Prandelli – è che oltre al valore tecnico e alla furberia tattica gli Azzurri sappiano mettere in campo anche l’onore (quello che ha giustamento attribuito a se stesso e ai suoi Giovanni Trapattoni) bella parola, bel concetto sommamente etico che sui campi di calcio si traduce in “cuore”, “energia”, “attributi”. Per me – bell’esempio che ci è offerto dall’Europeo – quell’onore si chiama Grecia, si chiama Karagounis, si chiama attaccamento ai valori sportivi nazionali soprattutto quando gli altri valori (monetari in primis) stanno andando a ramengo. Ultimi nel girone con un p unto, i greci hanno mandato a casa i migliori – la Russia di Advocaat – e andranno ai quarti sperando di diventare la sorpresa del torneo come nel 2004. Noi non siamo nati per far sorprese: una Nazionale che ha vinto quattro Mondiali e un Europeo deve essere per onor di firma una conferma.
Fonte: Il Roma.net
La Redazione
M.V.
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